Notte drammatica a Venezia: alta marea da record, con l’acqua arrivata a 187 centimetri di altezza, ha colpito la città causando ingenti danni e provocando due vittime. Una persona è rimasta fulminata per un corto circuito, un’altra è stata trovata morta in casa, forse per cause naturali. Entrambe vivevano sull’isola di Pellestrina, completamente allagata. L’acqua ha invaso case, alberghi, non si escludono danni alla basilica di San Marco. Livelli così alti non si vedevano da 50 anni in Laguna. Il sindaco chiede lo stato di crisi e il Comune di Venezia ha fatto sapere che “in parte della Città sono purtroppo evidenti gli ingenti danni causati dalla violenza dell’acqua e del meteo” e che “la conta dei danni in queste ore sta continuando”. Danni che si stimano nell’ordine di “centinaia di milioni di euro”, secondo il primo cittadino Luigi Brugnaro. In serata, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è recato a Venezia, definendo la situazione “drammatica”. Il Mose, sistema di paratie mobili per proteggere dalle maree la laguna di Venezia, “sara’ completato verosimilmente nella primavera 2021”, ha detto, sottolineando che “riuniremo il comitatone non dobbiamo prendere in giro i cittadini dicendo che completeranno il Mose l’anno prossimo”. Domani, il premier intende incontrare “la popolazione locale, faro’ un giro anche fra i commercianti”, ha aggiunto.
Intanto, non rientra l’allarme alta marea a Venezia. Nonostante il nuovo picco delle 10.30 sia risultato inferiore ai 148 centimetri previsti dal Centro Maree, toccando i 138 centimetri, l’emergenza continua e desta grande preoccupazione. Del resto, nella citta’ lagunare l’acqua alta non raggiungeva questi livelli dal 1966 e si cominciano a contare i danni. Il ministero per i Beni culturali ha attivato l’unita’ di crisi per la verifica e la messa in sicurezza del patrimonio culturale eventualmente danneggiato. Brugnaro, durante un sopralluogo, ha sottolineato la gravita’ della situazione, in primis al simbolo della citta’, la Basilica: “Venezia e’ in ginocchio – ha detto – la basilica di San Marco ha subito gravi danni come l’intera citta’ e le isole”. Ma “gravissimi” sono definiti dal Comune anche i danni provocati “nell’isola di San Servolo, dove e’ crollato il muro di cinta davanti all’imbarcadero” e ci sono stati allagamenti anche nei locali interni, oltre ai “problemi registrati nelle scuole di Venezia e nel commissariato della polizia di stato San Lorenzo”. E ha invitato “cittadini e imprese a raccogliere materiale utile per dimostrare i danni subiti: foto, video, documenti e altro” spiegando che presto saranno comunicate “le modalita’ per inoltrare la richiesta di contributo”. Secondo una prima stima dell’Unita’ di crisi della Protezione civile, ad essere colpito e’ soprattutto il centro storico di Venezia e sono una sessantina le imbarcazioni danneggiate molto pesantemente, tra le quali alcuni vaporetti.
Inoltre, situazione molto critica a Pellestrina, dove nella notte c’e’ stata anche una vittima, un uomo rimasto folgorato. Ancora piu’ allarmati i toni del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: “L’80% della citta’ e’ sott’acqua, ci sono danni inimmaginabili, quasi un metro e mezzo a San Marco, Pellestrina e’ sott’acqua per il 100%. E’ difficile quantificare i danni, sono paurosi” osserva. “E’ uno scenario di devastazione totale, apocalittica”. Nulla lasciava presagire uno scenario come quello che si e’ verificato a Venezia. “Il 12 novembre 2019 – ha spiegato Rosalia Santoleri, direttrice dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) – c’e’ stato a Venezia un evento di acqua alta eccezionale, secondo solo a quello catastrofico del 1966. Nella mattinata non si immaginava fosse di queste proporzioni. Raffiche di vento con piu’ di 100 km/ora hanno contribuito a questo fenomeno assolutamente imprevedibile che ha colpito la citta’”. Con i cambiamenti climatici in atto, “l’innalzamento del livello marino, e l’aumento della frequenza delle tempeste in mare, questi fenomeni estremi saranno sempre piu’ numerosi – ha aggiunto Santoleri – il CNR con il suo istituto ISMAR, nato nel 1969 proprio come reazione all’acqua alta del 1966, insieme al Centro Previsioni e Segnalazioni Maree del Comune di Venezia e ad altre istituzioni come ISPRA e ARPA dell’Emilia Romagna, stanno facendo un grande lavoro per il miglioramento della previsione delle acque alte che da’ un contributo alla protezione della popolazione e alla salvaguardia della ricchezza artistica di Venezia”. Molte linee telefoniche sono rimaste isolate, comprese quelle del centro maree e della polizia municipale. Le scuole sono chiuse. I concerti di stasera e di domani 14 novembre, alla Fenice sono stati annullati, dopo la grande acqua alta della scorsa notte.
La Basilica di San Marco e’ stata inondata: un metro d’acqua, la cripta sotto il presbiterio completamente allagata. Il Ministero per i Beni Culturali ha attivato l’unita’ di crisi per la verifica e la messa in sicurezza del patrimonio culturale veneziano. Decine di abitazioni sono state invase dalle acque dopo che le pompe che dovevano assicurare il blocco sono andate in tilt per l’eccessiva pressione. Nella notte i vigili del fuoco sono intervenuti per vari allagamenti e per l’incendio di alcune cabine elettriche inondate dall’acqua. Diversi battelli hanno rotto gli ormeggi e sono state soccorse alcune persone rifugiate sugli imbarcadero. Sono state attivate le sale operative della Regione e della Prefettura per coordinare la “mobilitazione generale” proclamata dal sindaco nella lunga notte inghiottita dalla marea. Diverse persone sono state soccorse in laguna dalla Guardia costiera. Le numerose telefonate alla centrale operativa della Capitaneria sono iniziate mentre il livello dell’acqua raggiungeva il livello critico di 187 centimetri, e i venti di scirocco soffiavano fino a 100 km/h. Sono stati attivati i protocolli straordinari di intervento da parte della Guardia Costiera di Venezia che ha subito dispiegato due motovedette per trasportare al Pronto Soccorso i diversi infortunati recuperati. Sono stati inoltre impiegati due motoscafi per fornire rapida assistenza nei punti critici segnalati e due gommoni in dotazione alla nave Dattilo della Guardia Costiera, giunta a Venezia ieri. Tre vaporetti sono affondati a Riva degli Schiavoni.
Decine di imbarcazioni hanno rotto gli ormeggi a causa dell’acqua alta a Venezia e sono andate alla deriva in laguna. I natanti senza controllo costituiscono un pericolo, ma al momento non e’ possibile recuperarli. Si tratta di motoscafi-taxi, ma anche di vaporetti pubblici e di barche private. Anche molte gondole sono state sballottate dall’alta marea e trascinate nei canali. La Guardia costiera ha emanato un “avviso di pericolosita’” per la presenza di ostacoli semisommersi pericolosi per la sicurezza della navigazione. Particolarmente complesse le operazioni di coordinamento dei numerosi interventi. La Capitaneria ha richiesto la cooperazione di ormeggiatori e rimorchiatori portuali per la messa in sicurezza di unita’ e pontoni che avevano rotto gli ormeggi. Il personale della Guardia Costiera ha proseguito per tutta la notte i servizi di assistenza e pattugliamento per garantire la sicurezza e l’incolumita’ delle persone. In varie zone della citta’ si sono verificati black-out, specialmente al Lido e in Campo Santa Margherita.
L’acqua ha invaso tutto, case e alberghi, senza risparmiare l’hotel dei vip, il Gritti. Il forte vento di scirocco ha abbattuto diversi alberi tra Favaro Mestre e Marghera. Poi l’acqua ha cominciato a defluire, con rapidita’. Alle tre di notte il livello a Punta delle Dogane, sul Canal Grande, era calato a 70 centimetri. Solo tre ore prima, nello stesso punto, l’Ispra aveva rilevato un livello di 1,66 metri. E tra le onde della marea che si ritira, riaffiora la vecchia polemica sul Mose, il sistema di dighe mobili che dovrebbe proteggere Venezia dal mare: il sindaco Brugnaro sollecita il governo ad accelerare. Tutta Venezia e’ sott’acqua, la citta’ e’ in ginocchio. I danni sono incalcolabili. E non e’ ancora finito perche’ altri due episodi di acqua alta – che secondo gli esperti saranno gli ultimi – sono annunciati nella notte tra giovedi’ e venerdi’ e per venerdi’ mattina.
Intanto montano le polemiche per il Mose, la struttura che dovrebbe salvare Venezia dalle alluvioni, ma non è mai entrata in funzione. Il Mose, acronimo di Modulo sperimentale elettromeccanico, è l’opera concepita per salvare Venezia dall’alta marea, mai entrata in funzione. Un sistema di dighe mobili, formato da 78 paratie in metallo, piazzate sul fondale delle tre bocche di porto lagunari (Lido, Malamocco e Chioggia), studiate per sollevarsi quando serve e bloccare l’acqua che, spinta dallo scirocco, arriva dal Mar Adriatico e allaga la città. Un’opera enorme quanto le polemiche che la accompagnano, fra sprechi di denaro pubblico, inchieste e criticità. La costruzione del Mose, ad opera del Consorzio Venezia Nuova, concessionario del Ministero delle Infrastrutture, è cominciata nel 2003. Da allora la chiusura dei lavori è slittata di anno in anno, ora si parla di 2021/2022. Così come sono aumentati i costi: doveva costare meno di due miliardi di euro, siamo arrivati a 5,5 miliardi. Uno sperpero di denaro che nel 2014 ha portato ad una inchiesta con 35 indagati e ha fatto finire la società in amministrazione controllata. A questo si sono aggiunte le voci critiche sulla funzionalità dell’opera, dal comitato No Mose ad alcune perizie, commissionate dal Ministero delle Infrastrutture: il sale sta corrodendo il metallo delle cerniere, perennemente immerse in mare e i sedimenti bloccano le paratie. Tutti problemi che fanno lievitare i costi di manutenzione.