Theresa May affrontera’ la settimana prossima la piu’ grande rivolta nel suo Gabinetto da quando e’ entrata a Downing Street: fino a 25 membri del suo governo sono pronti a votare un rinvio della Brexit se la premier britannica non si decidera’ ad escludere un’uscita del Regno dalla Ue senza un accordo (‘no deal’) con Bruxelles. I conservatori ribelli ritengono che ora ci sia un numero sufficiente di parlamentari ai Comuni per far passare un emendamento che costringerebbe la May ad estendere l’Articolo 50 piuttosto che permettere una Brexit senza accordo. Almeno quattro ministri del governo, una decina di ministri senza portafoglio e molti funzionari sarebbero pronti ad appoggiare la mozione proposta dai parlamentari Sir Oliver Letwin (Tory) e Yvette Cooper (Labour), che verra’ messa ai voti mercoledi’ prossimo.
Anche Andrew Percy, co-presidente del Brexit Delivery Group, che riunisce parlamentari moderati a favore e contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, ha detto alla Bbc che più di 30 deputati potrebbero tentare di bloccare la Brexit senza accordo e sostenere soluzioni alternative, nel caso in cui l’intesa rimaneggiata della May non trovasse una maggioranza alla Camera dei Comuni. Secondo il ministro delle Finanze britannico, Philip Hammond, le discussioni in corso fra Gran Bretagna e Unione Europea sulla Brexit hanno fatto registrare “qualche movimento” che potrebbe portare a una svolta “nei prossimi giorni”. Ma il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si è detto non troppo ottimista.
“In caso di ‘no deal’ per la Brexit, ciò che non posso escludere, potrebbero esserci conseguenze economiche terribili, in Gran Bretagna e sul Continente. I miei sforzi sono orientati a evitare il peggio, ma non sono molto ottimista riguardo a questo”, ha spiegato Juncker. In una lettera al governo, Percy e l’altro co-presidente di Brexit Delivery Group, Simon Hart, hanno avvertito che un mancato accordo “non solo rischia di danneggiare l’interesse nazionale” ma “mette a repentaglio proprio la cosa per cui molti colleghi hanno speso decenni a fare campagne elettorali, l’uscita dall’Unione Europea”.
Intanto, non si ferma la fuga di parlamentari dai due maggiori partiti britannici. Un nono deputato ha abbandonato il principale partito d’opposizione laburista incolpando il leader Jeremy Corbyn di aver gestito male le accuse di antisemitismo nei confronti della dirigenza. Le dimissioni di Ian Austin gonfiano la ribellione contro Corbyn dopo le defezioni di otto deputati laburisti in dissenso su antisemitismo e Brexit. Austin ha detto di essere “inorridito per le offese e le sofferenze inflitte da Jeremy Corbyn e dal partito laburista al popola ebraico” e di “vergognarsi” della condotta del partito sotto la guida del leader di sinistra.
“E’ terribile che una cultura di estremismo, antisemitismo e intolleranza allontani dei buoni parlamentari e persone perbene che hanno dedicato la loro vita alla politica tradizionale” ha detto all’Express and Star, il giornale locale della sua circoscrizione. “La sinistra intransigente guida ora il partito, si libereranno di una serie di buoni deputati e non riesco a vedere come potranno tornare al partito mainstream che vinceva elezioni e cambiava in meglio il Paese”. Nei giorni scorso otto deputati laburisti e tre del partito conservatore al governo hanno formato un nuovo gruppo centrista in parlamento, nella più grave scissione nella politica britannica dal 1981.