Tra misure di sicurezza e ordine pubblico rafforzate, e massiccia presenza di avvocati e media, prende il via oggi in Cassazione la maxi-udienza per il processo ‘Mafia Capitale’, scaturito dall’indagine ‘Mondo di mezzo’ avviata nel 2010 dalla Procura di Roma. Sotto i riflettori dei pm allora guidati da Giuseppe Pignatone, sono venuti a galla affari sporchi per decine di milioni di euro tra crimine organizzato, imprenditori, colletti bianchi, politici capitolini – tra loro molti dem – e personaggi della destra eversiva che lucravano sul welfare sociale sottraendo anche le risorse destinate ai migranti e ai campi nomadi. Gli ermellini – su ricorso degli imputati tra i quali l’ex Nar Massimo Carminati, gia’ legato alla Banda della Magliana, e il ras delle cooperative romane Salvatore Buzzi, condannati in appello con l’aggravante mafiosa – sono chiamati a confermare o meno l’accusa di mafiosita’ esclusa invece in primo grado.
E’ stata invece affermata in appello proprio dopo che la stessa Suprema Corte aveva piu’ volte detto che la ‘Cupola’ c’e’ anche sotto i cieli di Roma, con contorni suoi propri, ma pur sempre di mafia si tratta. In questo contesto ci sono state le intimidazioni nei confronti dei giornalisti Lirio Abbate e Federica Angeli. In Cassazione sono previsti tre giorni di dibattimento, dal sedici al diciotto ottobre. L’udienza davanti alla Sesta sezione penale – presieduta da Giorgio Fidelbo, toga dal polso fermo – si svolgera’ nell’Aula Magna. Se ci sara’ bisogno di ulteriore tempo per le arringhe dei difensori, che contestano l’impianto accusatorio delineato dalla Corte di Appello di Roma l’undici settembre 2018, e’ gia’ previsto un quarto giorno ‘supplementare’ e conclusivo per sabato diciannove. Nonostante il riconoscimento dell’aggravante mafiosa per molti dei 43 originari imputati, la sentenza di secondo grado aveva ridotto le pene per Buzzi (da 19 anni a 18 anni e 4 mesi), e per Carminati (da 20 anni a 14 anni e sei mesi).
Sono 32 le persone sotto processo che hanno deciso di fare ricorso alla Suprema Corte. Tra loro, i diciotto che in appello hanno avuto l’aggravante mafiosa. Oltre a Buzzi e Carminati, si tratta di Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi, braccio destro di Buzzi), Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi, braccio violento del ‘Nero’), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi, ex brigatista), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi, altro uomo di fiducia di Carminati). E poi Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi, l’unico politico condannato per 416bis), Carlo Maria Guarany (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 anni e 4 mesi), Roberto Lacopo (8 anni, il benzinaio di Corso Francia dove Carminati riuniva i ‘suoi’), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi, ex ad Ama), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi, ex manager Ente Eur) e Fabrizio Testa (9 anni e 4 mesi, ex presidente Tecnosky). Ha fatto ricorso anche la difesa di Mirko Coratti (ex presidente dem dell’assemblea capitolina, condannato a 4 anni e sei mesi), mentre e’ uscito di scena Luca Odevaine – ex presidente del tavolo per l’immigrazione e gia’ vice capo di gabinetto di Walter Veltroni sindaco – che ha patteggiato cinque anni e due mesi e ha deciso di non arrivare in Cassazione. Cosi’ ha evitato il rischio di incappare nella ‘spazzacorrotti’ che – con la conferma dell’ appello – potrebbe aprire le porte del carcere anche per i condannati ‘solo’ per corruzione e reati contro la pubblica amministrazione.