L’amministrazione Trump ha presentato all’Onu la notifica formale per il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi, avviando un processo burocratico della durata di un anno che porterà il Paese fuori dall’intesa globale sulla lotta al cambiamento climatico il giorno dopo le prossime elezioni presidenziali. L’iniziativa, per quanto attesa (Trump l’aveva annunciata già nel 2017), ha provocato espressioni di rammarico e preoccupazione da parte di numerosi paesi. Se secondo Washington l’accordo pone “un iniquo onere economico” sugli americani, gli altri 187 paesi firmatari non sono dello stesso avviso. L’intesa sottoscritta nel 2015 impegna a limitare l’aumento delle temperature sotto i due gradi rispetto ai livelli pre-industriali e a tentare di ridurre ulteriomente il riscaldamento a 1,5 gradi. Il presidente Donald Trump ha deciso di procedere con il ritiro dall’accordo nonostante le crescenti evidenze dell’impatto del cambiamento climatico, dopo un settembre che è stato il quarto mese di fila con temperature record.
Washington ha presentato la sua lettera di ritiro all’Onu nella prima data possibile in base ai termini dell’intesa negoziata dal predecessore di Trump Barack Obama, facendo della più grande economia al mondo la sola esclusa dall’accordo. Gli Usa saranno ufficialmente fuori dall’accordo di Parigi il 4 novembre 2020, il giorno dopo l’elezione nella quale Trump spera di ottenere un secondo mandato. Annunciando l’iniziativa, il segretario di Stato Mike Pompeo ha ribadito la linea che l’accordo è svantaggioso per le imprese Usa. “E’ l’America che si troverebbe in gabbia” ha detto Pompeo alla rete tv Fox Business. “Sarebbe essenzialmente ingiusto verso il popolo americano e i lavoratori americani”. Pompeo ha affermato in una nota che gli Usa proporranno “un modello realistico e pragmatico” che comprenda le energie rinnovabili ma lasci spazio a quelle fossili.
Il presidente francese Emmanuel Macron, che ha tentato senza successo di persuadere Trump a restare nell’accordo, ha lamentato la decisione. “Ce ne rammarichiamo e questo rende la partnership franco-cinese sul clima e la biodiversità ancora più necessaria” ha affermato la presidenza francese durante una visita di Macron in Cina, il più grande emittente mondiale di gas serra. Pechino ha espresso il suo “rammarico” per la decisione di Washington alla vigilia della firma da parte di Macron e del presidente cinese Xi Jinping si un accordo sul clima. “Speriamo che gli Usa possano assumere maggiori responsabilità e fare di più per essere d’impulso al processo di cooperazione multilaterale, invece di fornire energie negative” ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang. La Russia ha avvertito che l’uscita degli Usa danneggia in modo grave l’accordo di Parigi. “Senza la più grande economia del mondo è molto, molto difficile parlare di un accordo climatico” ha detto ai giornalisti il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitry Peskov.
Gli Usa, emittenti numero due di CO2 al mondo, parteciperanno comunque alla conferenza sul clima Onu in programma a Madrid a novembre, ha detto un funzionario del Dipartimento di Stato. Pompeo nel comunicato ha sottolineato un calo del 13% delle emissioni di gas serra dal 2005 al 2017 pur in presenza di una crescita economica. Ma Trump, insediatosi nel 2017, ha rovesciato una serie di misure di protezione ambientale mentre stati quali California e New York hanno preso provvedimenti a protezione del clima in autonomia. Trump ha tentato di bloccare i limiti imposti dalla California sugli standard di emissioni delle auto e ha permesso ai singoli stati di adottare le proprie normative sulle emissioni delle centrali a carbone. Robert Menendez, democratico della commissione Esteri del Senato, ha detto che l’amministrazione Trump ha “ancora una volta fatto un dispetto ai nostri alleati, chiuso gli occhi davanti ai fatti e politicizzato ulteriormente la più grande sfida ambientale al mondo”. L’ex vicepresidente diventato paladino dell’ambiente Al Gore ha deplorato la scelta di Trump, ma ha detto che un nuovo presidente potrebbe rientrare nell’accordo nel giro di un mese. “Nessuna persona e nessun partito possono fermare il nostro slancio per risolvere la crisi climatica, ma chi ci proverà sarà ricordato per la sua compiacenza, complicità e mendacia nel tentativo di sacrificare il pianeta in nome della sua avidità” ha detto Gore.
Contrariamente alle previsioni il ritiro di Trump non ha provocato un effetto domino di altri ritiri da parte di Paesi quali Brasile e Australia. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, ideologicamente vicino a Trump, ha sminuito gli ambientalisti ma non ha messo in pratica le sue minacce di ritirarsi all’accordo di Parigi, perchè la Ue ha posto l’adesione come precondizione a un importante accordo commerciale. Trump ha cercato di dipingere l’intesa come elitista, affermando di essere stato “eletto per rappresentare i cittadini di Pittsburgh, non di Parigi”. Ma un sondaggio del Washington Post pubblicato a ottobre ha rilevato che anche nel suo stesso partito deve fare i conti con una crescete opposizione sulla questione climatica, con il 60% degli elettori repubblicani d’accordo con il consenso scientifico secondo cui il riscaldamento globale è causato dall’attività umana.