Il caso e’ chiuso, da questa vicenda ne esco piu’ forte: e’ questa la convinzione del premier Giuseppe Conte, rimasto in silenzio da settimane e che ha voluto rispondere direttamente del ‘Russiagate’ sia al Copasir e sia ai cronisti, “anche per chiarezza nei confronti dei cittadini”. Proprio per mettere a tacere “le ricostruzioni” che hanno rischiato di gettare “ombre” sull’attivita’ dei nostri Servizi. Gia’ martedì il presidente del Consiglio aveva preannunciato l’intenzione di volersi ‘liberare’ in qualche modo dopo “il clamore mediatico”. Durante l’audizione al Copasir il premier secondo quanto si apprende e’ stato duramente criticato dalla Lega mentre il Movimento 5 stelle ha mantenuto un atteggiamento piu’ morbido.
Per Conte dunque la vicenda e’ stata chiarita, ma al di la’ dell’audizione di martedi’ prossimo del direttore del Dis, Vecchione, bisognera’ vedere le reazioni delle altre forze politiche, anche nella maggioranza. Perche’ – riferiscono fonti parlamentari renziane – non e’ passato inosservato quel riferimento secondo cui le informazioni Usa richieste riguardassero il perimetro della primavera e dell’estate del 2016. Ovvero il perimetro delimitato e’ quello in cui a palazzo Chigi c’era proprio il senatore di Firenze. Totale copertura, invece, da parte di Zingaretti che ha rimarcato come il premier abbia escluso il coinvolgimento dei nostri 007 sul ‘Russiagate’.
La versione di Conte dunque e’ che sul ‘Russiagate’ la richiesta di Barr (e non di Trump che non era stata informato minimamente del dossier) arrivo’ a giugno per canali diplomatici e non sarebbe potuta rimanere inascoltata, proprio per i rapporti che intercorrono tra Roma e Washington. Una richiesta portata avanti dal ministro della Giustizia che e’ anche il capo del Fbi a cui il governo non ha potuto sottrarsi trattandosi tra l’altro “di un alleato storico”. Farlo avrebbe arrecato danni ai nostri 007. Il presidente del Consiglio ha spiegato che la richiesta di informazioni riguardava notizie relative ai Servizi americani e in ogni caso nei due incontri avvenuti nella sede del Dis di piazza Dante a Roma e’ emerso l’estraneita’ – riconosciuta anche da parte degli Stati Uniti – della nostra intelligence riguarda la vicenda ‘Russiagate’.
Il presidente del Consiglio non ha informato gli altri ministri proprio perche’ si trattava di notizie riservate e non divulgabili ma soprattutto “perche’ la responsabilita’ della politica dell’informazione sulla sicurezza non si puo’ condividere”. “Ho agito nel rispetto della legge. Tornando indietro farei lo stesso”, ha sottolineato il Capo del governo che poi ha adottato anche una strategia d’attacco. Nel mirino l’ex ministro dell’Interno Salvini, proprio colui che aveva chiesto “pieni poteri”. Il leader del partito di via Bellerio dovrebbe spiegare il suo comportamento sul ‘caso Savoini’: “Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti. Dovrebbe chiarire se idoneo o no a governare un Paese”, l’affondo del premier. “E’ fra il nervoso e il disperato perche’ ha promesso mari e monti e gli italiani e hanno capito che e’ stato un bluff”, la reazione del leader della Lega.