La Procura di Ravenna ha aperto un fascicolo contro ignoti su quanto accaduto il 30 luglio scorso in spiaggia a Milano Marittima, quando il figlio 16enne del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini venne ripreso dal videomaker Valerio Lo Muzio mentre faceva un giro a bordo di una moto d’acqua della Polizia di Stato.
Sull’accaduto erano state avviate indagini da parte della Questura di Ravenna, che aveva anche ascoltato il videomaker, collaboratore di Repubblica. Nei giorni scorsi, poi, al Viminale è giunta la richiesta relativa all’identificazione dei due appartenenti alle forze dell’ordine che, secondo il giornalista, cercarono di impedirgli di filmare la scena. Il vicepremier, subito dopo il fatto, si era preso tutta la responsabilità dell’accaduto: “Mio figlio sulla moto d’acqua della polizia? Errore mio da papà”, aveva detto, spiegando che nessuna responsabilità poteva essere addossata ai poliziotti.
Il ministro, in quei giorni, era al Papeete Beach per una vacanza con il figlio, appena prima della festa della Lega programmata sempre sul litorale ravennate, diventato uno dei luoghi simbolo della politica estiva, prima che scoppiasse la crisi di Governo. Oltre che per la cavalcata in mare del figlio, Salvini divento’ un bersaglio anche per come era stato trattato il giornalista autore del video, Valerio Lo Muzio, nei confronti del quale erano arrivate molte manifestazioni di solidarieta’. Lo stesso videomaker e’ stato sentito nell’ambito delle verifiche su quanto successo, scattate da parte della Questura di Ravenna per accertare un eventuale uso improprio del mezzo.
“In questa vicenda c’e’ solo una cosa che mi interessa e che sto approfondendo: se c’e’ stata una limitazione al diritto di informazione e cronaca”, aveva commentato qualche giorno dopo il capo della Polizia, Franco Gabrielli, parlando di una questione “un po’ amplificata: vi potrei portare – aveva detto – decine di immagini di nostri mezzi che vengono utilizzati anche da ragazzini”. Gli accertamenti, coordinati dalla Procura di Ravenna guidata dal procuratore Alessandro Mancini, stanno andando avanti. Sui reati ipotizzati nel fascicolo, ad ora senza indagati, c’e’ riserbo, ma potrebbero essere due: tentata violenza privata e peculato d’uso. Difficile ipotizzare la piega che prendera’ l’inchiesta, di cui si e’ appresa l’esistenza proprio nel giorno in cui il vicepremier era impegnato nelle consultazioni al Quirinale.