Nel corso degli anni, ormai 12 al potere, gli aggettivi per descriverla si sono moltiplicati a dismisura: dalla “ragazzina dell’Est” alla Mutti (mamma), dalla Lady di ferro in stile thatcheriano alla Cancelliera della noia. Sta di fatto che Angela Merkel, prima donna a capo del governo tedesco, sembra quasi “inamovibile” dal Reichstag anche alla vigilia di questo voto del 24 settembre, quasi svuotato di suspence, che dovrebbe consacrarla Kanzlerin per un quarto mandato consecutivo. “Per l’eternità, amen”, ironizzava tempo fa il quotidiano Tageszeitung. Sessantatre anni, nata ad Amburgo ma cresciuta nella Ddr, Angela Merkel, è la figlia di un pastore protestante, da cui ha certamente appreso i valori dell’abnegazione per il lavoro e della sobrietà nei comportamenti. Nata Kasner, si è sposata in prime nozze con Ulrich Merkel, con cui ha vissuto sette anni e di cui ha tenuto il cognome, poi in seconde nozze con il riservatissimo Joachim Sauer, ma non ha avuto figli. Chimica di formazione, prestata alla politica quasi per caso, è diventata presto la pupilla di Helmut Kohl (da cui si è allontanata senza titubanze, quando il suo mentore è rimasto invischiato nello scandalo dei fondi illeciti al partito) per poi scalare con una rapidità impressionante tutte le posizioni del partito, scavalcando pezzi da novanta della Cdu, come Wolfgang Schaeuble, e riuscendo comunque a tenerli al suo fianco. E’ la più longeva fra i leader del G7 e dell’Unione europea in carica, ha visto sfilare sotto i suoi occhi tre presidenti americani, quattro francesi, tre capi del governo britannico, sei presidente del consiglio italiani. Il suo segreto? “Corrisponde al desiderio ardente di normalità” dei tedeschi”, spiega il filosofo Peter Sloterdijk, feriti dal loro tormentato passato.
E negli ultimi mesi si è trasformata nel “baluardo” dei valori occidentali e nella “leader del mondo libero” di fronte al pericolo rappresentato dagli Stati Uniti di Donald Trump. Naturalmente molta della sua popolarità, oltre che con il suo modo tranquillo di affrontare qualsiasi questione fino alle emergenze, Merkel se l’è guadagnata con la prosperità economica del suo Paese, derivante anche dalle contestate riforme del suo predecessore Gerhard Schroeder. Ma indubbiamente le va riconosciuta la capacità di aver ascoltato, anzi fagocitato, le migliori proposte dei suoi avversari politici, spuntando così le loro armi e guadagnando altro consenso: dal nucleare, al salario minimo fino al matrimonio gay. “Il suo approccio ricorda l’aikido, l’arte marziale dei deboli” che consiste a utilizzare l’energia dell’avversario per farlo cadere da solo”, scriveva il quotidiano economico Handelblatt. La cancelliera, una donna che ha reso ormai usuale la declinazione al femminile del titolo di Kanzlerin, ha incrociato lungo la sua strada una nutrita sfilza di maschi, da Silvio Berlusconi a Vladimir Putin passando per Nicolas Sarkozy, dai quali non si è fatta intimorire, ma che anzi ha neutralizzato con la sua placida serenità e le sue sobrie giacchette. Il momento più difficile dei suoi tre mandati è stato quello della crisi migratoria del 2015 con la decisione di accogliere in Germania un milione di profughi, decisione che ha alimentato il sostegno all’estrema destra populista e xenofoba dell’AfD, partito che con tutta probabilità entrerà nel futuro Bundestag, e che l’ha resa invisa ai paesi dell’Est europeo.