Quando tutto lasciava pensare a una conclusione in discesa delle trattative per il Conte-bis tra M5s e Pd, sono arrivate le parole del capo politico M5s, Luigi Di Maio, a riportare tutto nell’incertezza. Al termine dell’incontro nella Sala dei Busti di Montecitorio col premier incaricato, Di Maio ha concluso le proprie dichiarazioni con quello che ha tutto il sapore di un aut aut ai Dem: “Abbiamo presentato alcuni punti al presidente Conte – ha detto – che riteniamo imprescindibili. Se verranno accolti bene, altrimenti meglio andare al voto e, aggiungo, anche presto”. Pochi minuti prima, sempre nel corso delle proprie dichiarazioni, Di Maio aveva sostanzialmente anticipato la dura chiosa del discorso, invitando a non dare per scontata la formazione del governo giallorosso: “Oggi si potrebbe dar vita a un Conte bis – aveva detto – uso il condizionale perche’ sono stato molto chiaro: o siamo d’accordo a realizzare punti del programma o non si va avanti”.
Ma tutte le dichiarazioni del capo politico grillino sono state improntate a una certa rigidita’, almeno nei toni, anche nelle parti non incompatibili con le richieste della controparte Dem. A partire dal dl Sicurezza, per il quale il Pd ha richiesto sostanziali modifiche che vadano nella direzione indicata nei rilievi del Capo dello Stato: “Riteniamo che non abbia alcun senso parlare di modifiche ai decreti sicurezza – ha detto Di Maio – vanno tenute in considerazioni le osservazioni del capo dello Stato ma senza modificare la ratio di quei provvedimenti. Ho detto – ha aggiunto – che non rinneghiamo questi 14 mesi di governo”. Un irrigidimento, quello del vicepremier, che non ha mancato di suscitare reazioni negative in casa Pd, a strettissimo giro: la prima e’ giunta con un tweet del vicesegretario Andrea Orlando, che ha definito “incomprensibile” la conferenza stampa di Di Maio, chiedendogli con “chiarezza” se “ha cambiato idea”.
Anche i toni usati per i decreti sicurezza non sono state gradite ad alcuni settori Dem, in primis a Matteo Orfini, che e’ tornato a reclamare con forza l’abrogazione totale dei provvedimenti, in luogo di semplici modifiche. E così ai piani alti del Nazareno, dove Nicola Zingaretti e’ tornato dopo il colloquio con Conte, filtra “sconcerto” per le parole di Luigi Di Maio che e’ tornato ad evocare le urne nel caso non vengano recepiti tutti i punti del programma M5s. Eppure, commentano alti dirigenti dem, si era arrivati a un accordo con il M5s, firmato dai capigruppo Patuanelli e D’Uva. “Viene il sospetto che Di Maio non abbia letto quel documento”, si commenta ancora. Come nel Gioco dell’Oca, le pedine in campo per la formazione del governo sembrano essere tornate al via. La metafora e’ della vice segretaria del Pd, Paola De Micheli, che da voce all’irritazione di tutto il partito, Zingaretti in testa, per il “rilancio” di Luigi Di Maio.
Uno sconcerto che attraversa tutto il partito, non solo il quartier generale, e che arriva fino alle prime linee renziane che leggono l’atteggiamento del capo M5s come “un tentativo di alzare la posta del giuoco facendo leva sul fattore tempo”. Nei minuti immediatamente successivi all’esternazione del leader pentastellato era circolata la voce di un prossimo incontro tra lo stesso Di Maio e il vice segretario Andrea Orlando, da tenere alle 17. Voce pero’ non confermata dai canali ufficiali. “Nessun incontro e’ in programma”, fanno sapere dal Pd. E se in una nota il M5s fa sapere che il problema non sono le poltrone, fra i dem si invita a guardare proprio in casa del Movimento: “Il nervosismo di Di Maio e’ legato alla paura di perdere il controllo del suo partito”, e’ la lettura che viene data. Un timore alimentato anche dal fatto che, ormai da giorni, il segretario Zingaretti ha rinunciato a trattare direttamente con l’omologo pentastellato preferendo guardare direttamente a Conte. L’irritazione dem scorre anche sui social network: “Se Di Maio vuole tornare al voto, lo dica chiaramente”, scrive Orlando su Twitter. “Questa manfrina di minacce e ultimatum e’ inspiegabile. Conte chiuda la lista nel weekend e si presenti ai mercati lunedi’ mattina con un governo di qualita’ gia’ fatto. Che cosa aspetta ancora?”, rincara Bonifazi.