Usare i risparmi derivanti dal reddito di cittadinanza e da quota 100 per una ‘manovrina’ (anche se nessuno la vuol chiamare così) che faccia slittare all’autunno il confronto vero e proprio con la Commissione europea o affrontare subito il ‘nodo’ con Bruxelles, rivendicando la scelta politica di una politica espansiva. Queste le due posizioni presenti nel governo ed emerse anche stamani al tavolo a Palazzo Chigi. Presenti, fin dalle 9 del mattino e per circa due ore, il premier Giuseppe Conte, i vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il titolare del ministero dell’Economia Giovanni Tria e le rispettive delegazioni: Riccardo Fraccaro e Laura Castelli per il M5s, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per la Lega. Al tavolo anche i tecnici di via XX settembre.
“Vertice a Chigi sereno e molto positivo. Tanto lavoro da fare per gli italiani e per lo sviluppo del Paese, pensando sempre a famiglie e imprese”, hanno fatto sapere alla fine i pentastellati. “Riunione positiva e costruttiva. Si lavora per l’impostazione della manovra 2020 in un’ottica di crescita puntando su detassazione e investimenti”, la sintesi del Carroccio. La verità, però, è che si scontrano, al momento senza una soluzione, due visioni differenti se non opposte. Da un lato Conte e Tria vorrebbero mettere sul tavolo circa 3,5 miliardi (derivanti dai risparmi su reddito di cittadinanza e Quota 100) per mettere una prima ‘toppa’, impostando poi un confronto per arrivare a una legge di Bilancio che pur non gravando sulle tasche dei cittadini non si discosti troppo dai parametri richiesti da Bruxelles. Cosa che non va bene ai due vicepremier, che non si vogliono intestare una manovra di lacrime e sangue.
“La questione è politica – spiega una fonte del Carroccio – per noi non ha senso andare a concedere qualche miliardo ora per tenere buona l’Ue, noi dobbiamo affermare con chiarezza il punto che dopo anni di una fallimentare austerity dobbiamo puntare sulla crescita e gli investimenti”. Tra queste due posizioni una sintesi è ancora lontana dall’essere trovata, per questo l’incontro, di due ore, si spiega da entrambe le parti, è stato “interlocutorio” e del resto “non si può pensare di chiudere la manovra in una riunione. E’ stato impostato il lavoro”. “Sono stati definiti – hanno spiegato fonti della Lega – una serie di tavoli di lavoro operativi già dalla prossima settimana (spending review, tax expenditures, flat tax, privatizzazioni, cuneo fiscale, investimenti, export, sud) per definire proposte concrete per il rilancio e lo sviluppo dell’economia anche alla luce dei segnali che arrivano dagli indicatori”.
I lavori inizieranno subito, ma per superare la fase ‘tecnica’ ed entrare nel vivo della discussione quella che si sta giocando nel governo è una partita tutta politica, in cui il premier non fa passare giorno senza ribadire, sui media, la sua autonomia. “E’ impossibile – ha detto ancora oggi a La Repubblica – che ci sia uno scontro tra me e i miei due vice per una semplice ragione: se non andiamo d`accordo, io li lascio liberi. Perché una cosa deve essere chiara: sto qui se mi convincono loro, non sono io a doverlo fare”. Parole che tanto in casa leghista quanto in quella pentastellata non sono state gradite. Come non viene gradita la vicinanza con Tria, che oggi ha fatto irritare Salvini, ribadendogli che la flat tax non si può fare in deficit. “Il nostro progetto è pronto, abbiamo le idee chiare”, la secca risposta sul tema del titolare del Viminale, che ha lasciato la riunione prima del termine. Oggi Salvini ha poi rilanciato la proposta sull’emersione del denaro contenuto nelle cassette di sicurezza, affermando che condono “non è una parolaccia”.
Un’idea che si affianca a quella sui minibot, senza contare, si fa notare, una vecchia proposta della Lega che è quella di un prelievo sui conti ‘dormienti’. Tutti temi non concordati con il Mef né con gli alleati ma che sono stati “messi sul tavolo”. In questo delicato contesto, domani Tria vola a Lussemburgo per partecipare alla riunione dell`Eurogruppo e dell`Ecofin, dove il dossier Italia è stato inserito all’ultimo momento dal commissario Pierre Moscovici. Il ministro porterà cifre e proiezioni per cercare di convincere i partner della volontà dell’Italia di non uscire dal sentiero europeo. Un compito difficile che non si eraurirà certamente domani. askanews