Hong Kong si prepara al decimo weekend consecutivo di proteste per chiedere maggiore democrazia. In centinaia sono arrivati all’aeroporto di Hong Kong per un sit-in che dovrebbe andare avanti per tre giorni. Secondo l’agenzia Dpa, i manifestanti sarebbero già migliaia. L’obiettivo dichiarato è sensibilizzare i turisti di passaggio nell’ex colonia britannica e attirare l’attenzione internazionale. “HK to freedom”, “Hong Kong verso la libertà”, è lo slogan scelto per la finta carta d’imbarco con cui sui social è stata sponsorizzata la protesta. Nello scalo, per la seconda volta teatro di proteste dopo quelle del 26 luglio, è stata rafforzata la sicurezza ed è vietato l’accesso all’area check-in a chi non è in possesso di una carta d’imbarco. Ai viaggiatori è stato consigliato di arrivare in netto anticipo rispetto all’orario di partenza dei voli. La protesta non è stata autorizzata.
Intanto, l’ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua, avverte. “A Hong Kong bisogna subito fermare il caos e la violenza e riportare l’ordine – afferma il diplomatico -. Qualora ci si dovesse trovare di fronte a una situazione in continuo peggioramento, che il governo dell’isola non riuscira’ a gestire, il governo centrale non restera’ a guardare”. “Secondo la legislazione vigente a Hong Kong”, sottolinea l’ambasciatore, da poco insediatosi come capo missione, “la polizia ha il compito di tutelare le forme di manifestazione pacifica, ma quelle svoltesi dal 9 giugno in poi non sono piu’ manifestazioni pacifiche, ma vere e proprie azioni di violenza”. “Dall’inizio di agosto”, prosegue Li Junhua, “alcuni manifestanti estremisti hanno iniziato a usare slogan forti, parlando di liberare Hong Kong e fare una rivoluzione epocale, con caratteristiche sempre piu’ simili alle ‘rivoluzioni colorate'”. “Il governo cinese”, ribadisce Li, “ha una posizione molto chiara: bisogna subito fermare il caos e la violenza e riportare ordine; qualora ci si dovesse trovare di fronte a una situazione in continuo peggioramento, che il governo dell’isola non riuscira’ a gestire, il governo centrale non restera’ a guardare”.
Poi un attacco al presidente americano Donald Trump. “Emerge chiaramente come il mondo politico degli Stati Uniti stia dando sostegno e amplificando le idee dei manifestanti e degli organizzatori delle proteste, continuando anche a mettere in discussione e a interferire col principio ‘un Paese, due sistemi’. Se non ci fossero stati questi attori – dice ancora Li Junhua – che muovono i fili dietro le quinte, i manifestanti piu’ violenti non avrebbero avuto il coraggio di fare quello che hanno fatto per le strade della citta’”. Va ricordato che nella ex colonia britannica, da due mesi vanno avanti proteste pro-democrazia diventate sempre piu’ massicce e violente. Infine, l’ambasciatore cinese a Roma conclude: “Il proverbio ‘chi gioca col fuoco si scotta’, non e’ indirizzato solo ai manifestanti, ma anche agli architetti misteriosi dietro di loro”.