La premier britannica, Theresa May, tornera’ giovedi’ alla Camera dei Comuni ma solo per chiedere ulteriore tempo, con l’assicurazione che la votzione finale sul nuovo accordo si terra’ entro febbraio. Ad anticipare la strategia attendista e’ stato il ministro per la Casa, James Brokenshire. “Avremo, naturalmente, un dibattito in Parlamento la prossima settimana, con una mozione da presentare, una mozione importante che il governo introdurra’”, ha chiarito alla Bbc. “Ma penso che sia anche importante sottolineare che il governo si impegnera’ affinche’, se un nuovo voto sull’accordo Brexit non si svolgesse entro il 27 febbraio, consentiremo la presentazione di un’altra mozione”.
Insomma, se da Downing Street non dovesse venire fuori una proposta concreta entro giovedi’, ormai molto probabile, ci saranno altre due settimane di tempo per discuterne. “Cio’ che da’ sicurezza e’ un accordo, ed e’ per questo che vogliamo vedere le persone seguirci in questo processo”, ha incoraggiato il ministro molto vicino a May, presentando l’appuntamento del 27 febbraio come “una nuova opportunita’”. Nel voto di questa settimana i Comuni si pronunceranno su emendamenti che potrebbero limitare le opzioni di May e dare al Parlamento piu’ potere sul processo Brexit. I laburisti non ci stanno e denunciano la strategia di May come perdita di tempo per costringere il Parlamento a votare un accordo all’ultimo momento. “Non dovremmo essere messi in una posizione in cui il tempo e’ scaduto e il primo ministro impone o il suo accordo oppure il no deal”, ha commentato il laburista Keir Starmer al Sunday Times. Intanto, a poco piu’ di un mese dalla scadenza del 29 marzo per lasciare l’Ue, gli industriali britannici tornano a suonare il campanello di allarme.
La Gran Bretagna “e’ ora nella zona d’emergenza Brexit” e ulteriori ritardi non solo potrebbero incidere sui posti di lavoro e sugli investimenti, ma danneggerebbero il Paese come attrazione commerciale a lungo termine. Lo ha spiegato a Sky la numero degli industriali, Caroly Fairbairn. “Sappiamo che le aziende stanno lasciando il Paese, stanno facendo piani che danneggerebbero le comunita’ in tutto il Paese”, ha aggiunto. Non va meglio a Berlino dove un rapporto dell’Istituto di studi economici di Halle rivela che una Brexit senza accordo mette a rischio circa 100 mila posti di lavoro in Germania. “Gli effetti sull’occupazione si sentirebbero soprattutto nei luoghi in cui l’industria automobilistica ha un peso notevole”, si legge nello studio. Pertanto, le regioni piu’ colpite sarebbero Wolfsburg (a nord della Germania), dove si trova l’impianto Volkswagen, e i suoi dintorni, cosi’ come Dingolfing-Landau, in Baviera, dove Bmw e i suoi fornitori sono i principali datori di lavoro. Solo il settore automobilistico potrebbe perdere circa 15 mila posti.