Omicidio volontario: questo il reato ipotizzato (al momento contro ignoti) nel fascicolo aperto dalla Procura di Milano per far luce sulla morte di Imane Fadil, la marocchina di 33 anni che aveva denunciato i retroscena delle serate del “bunga bunga” di Arcore. La donna, deceduta il 1 marzo scorso, dal 29 gennaio era ricoverata alla clinica Humanitas di Rozzano, nel Milanese. Un mese di agonia per Imane che però, sottolineano in ambienti giudiziari, durante il ricovero “è rimasta sempre vigile” e ha denunciato a parenti e amici che andavano a trovarla in ospedale di essere stata avvelenata.
Di certo, sempre da quanto è stato riferito, la 33enne durante il ricovero presentava i sintomi tipici dell’avvelenamento: ventre gonfio, dolori all’addome e allo stomaco che però potrebbero essere riconducibili anche ad altre patologie ma non, come ha tenuto a sottolineare il procuratore Francesco Greco, a malattie certificate. L’ipotesi dell’avvelenamento la più accreditata dagli inquirenti che tuttavia, in mancanza di elementi certi, non escludono nessuna pista investigativa. In pratica, sarebbe stato un mix di sostanze radioattive ad uccidere Fadil. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano sono scattate circa una settimana fa. Da quanto riferito, è stato Paolo Sevesi, avvocato che assisteva Imane nel processo Ruby ter, ad avvisare la procura del decesso della 33enne, avvenuto diversi giorni prima.
Un’anomalia, considerato che gli ospedali hanno l’obbligo di comunicare all’autorità giudiziaria tutti i casi di morti sospette. Procedura che non è stata seguita nel caso di Imane nonostante i dubbi sul suo decesso. La procura ha già disposto l’autopsia (la data non è stata ancora fissata) insieme ad alcuni accertamenti ematici sui campioni di sangue prelevati all’ex modella durante il ricovero. Le prime verifiche hanno escluso che la donna facesse uso droghe o sostanze stupefacenti. Prima di morire, Imane stava anche scrivendo un libro dedicato alla sua storia. Le bozze sono state sequestrate ma, da un primo esame, non sarebbe emerso nulla di rilevante.
Una morte sospetta che arriva un paio di mesi dopo quella di Egidio Verzini, l’ex legale di Ruby che a dicembre scorso decise di ricorrere al suicidio assistito in una clinica svizzera. Non prima, però, di aver rilasciato in un’intervista rivelazioni giudiziarie scottanti su Silvio Berlusconi. In pratica, l’avvocato Verzini disse che l’ex premier era perfettamente al corrente della minore età di Ruby e proprio per questo la corruppe con 5 milioni di euro per “comprare” il suo silenzio sulle serate di Arcore. Dopo la morte del legale, sono scattati gli accertamenti della procura milanese alla ricerca di riscontri documentali sulle sue rivelazioni. Verifiche che, da quanto è stato riferito, non hanno per ora portato a nessun risultato investigativo.