Un importante passo avanti nello studio del morbo di Parkinson e dell’origine delle demenze associate è stato compiuto dai ricercatori del Mario Negri e dell’Università dell’Insubria. Sull’autorevole rivista scientifica Brain sono stati pubblicati i risultati di una ricerca, condotta dal Dipartimento di Neuroscienze e del Dipartimento di Biochimica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in collaborazione con l’Università dell’Insubria, che dimostrano in modelli sperimentali che, nel manifestarsi del morbo di Parkinson e delle demenze da corpi di Lewy, l’attivazione della risposta infiammatoria contribuisce in maniera determinante al danno cognitivo indotto da particolari aggregati di proteine (oligomeri), mentre sembra essere ininfluente la presenza o assenza della proteina prionica.
I dati ottenuti, sia in vitro che in vivo, al contrario di quelli precedentemente pubblicati da un gruppo di ricercatori tedesco, escludono infatti il coinvolgimento della proteina prionica nella tossicità indotta dagli oligomeri della proteina alfa-sinucleina che si accumulano nei cervelli di pazienti. “Tali evidenze – sostiene Gianluigi Forloni, capo del Dipartimento di Neuroscienze del Mario Negri e coordinatore dello studio – contribuiscono ad aumentare le nostre conoscenze sui meccanismi alla base delle alterazioni funzionali evidenziati poi a livello clinico. Queste informazioni sono utili per guidare gli approcci terapeutici che, nel contesto delle malattie neurodegenerative come il Parkinson o l’Alzheimer, sono particolarmente complessi e ancora attendono soluzioni efficaci e capaci di agire sulle cause prime delle patologie”.
“L’utilizzo di un modello sperimentale semplice – Forloni – come l’applicazione di oligomeri di alfa-sinucleina direttamente nei ventricoli cerebrali di animali da esperimento, messo a punto con la collaborazione del Prof. Loredano Pollegioni del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università dell’Insubria, ci permette di studiare in maniera diretta il ruolo patogenetico di questi aggregati che si ritrovano nel cervello dei pazienti”.
“L’esclusione della proteina prionica è importante – secondo Pietro La Vitola, dottorando al Mario Negri e primo autore di entrambi le pubblicazioni – perché dimostra come nell’originarsi di patologie neurodegenerative, quali l’Alzheimer e le demenze associate al Parkinson, siano coinvolti elementi comuni (oligomeri, neuroinfiammazione) ed elementi di discordanza. La proteina prionica, ad esempio, oltre ad essere coinvolta nelle cosiddette malattie da prioni, sembra avere un ruolo, seppur dibattuto, nel morbo di Alzheimer, ma non nella demenza associata a Parkinson. I nostri dati dimostrano, infatti, come in vitro non ci sia un’interazione diretta tra gli oligomeri di alfa-sinucleina e la proteina prionica e come gli oligomeri mantengano la loro tossicità in animali privi della stessa”.