Soccorso Lega e ira M5s, verso referendum in primavera su taglio parlamentari

Soccorso Lega e ira M5s, verso referendum in primavera su taglio parlamentari
10 gennaio 2020

Tra chi si sfila e toglie la firma e chi la aggiunge in zona Cesarini, alla fine i promotori del referendum sul taglio dei parlamentari (i forzisti Cangini e Pagano e il dem Nannicini) incassano 71 sottoscrizioni (7 in piu’ di quelle richieste) e le depositano in Cassazione. La consultazione popolare e’ a un passo e potrebbe svolgersi in tarda primavera, magari assieme all’altro referendum sul maggioritario e in contemporanea con le elezioni comunali e regionali. Importante (ma non decisivo), il soccorso leghista: sono 6 i senatori del partito di Matteo Salvini che si aggiungono ai firmatari, due dei quali nella giornata di oggi. Ma sostanziale e’ stato anche l’aiuto di Forza Italia, con 5 nuove firme che si sono aggiunte a quelle di sentori forzisti gia’ presenti nell’elenco. Proprio il ritiro ieri delle firme da parte di 4 senatori azzurri (vicini a Mara Carfagna) aveva messo a serio rischio il raggiungimento dell’obiettivo.

Tanto che sin da subito i leghisti si sono attivati. Un soccorso che, per il partito di via Bellerio, ha un duplice scopo: terremotare la legislatura, facendo da sirena ai tanti parlamentari che rischiano di non essere rieletti con la netta sforbiciata di 345 poltrone, allettandoli con il voto anticipato prima dell’entrata in vigore della riforma, e contemporaneamente dare una spinta al referendum sul maggioritario, nella convinzione che la Consulta, il cui responso e’ atteso per il 15 gennaio, decida di ammettere la consultazione popolare per un cavillo tecnico, in quanto con il referendum sul taglio degli eletti – dall’esito positivo pressoche’ scontato – non si determinerebbe una vacatio legis in quanto la riforma costituzionale contiene una delega per la ridefinizione dei collegi. In attesa che la Cassazione – ha trenta giorni di tempo – dia il via libera al referendum esprimendosi sulla legittimita’ della richiesta, le forze politiche si interrogano sull’effetto domino che potrebbe travolgere la stabilita’ di maggioranza e governo.

E se Matteo Salvini non nasconde la soddisfazione, “abbiamo dato un contributo per avvicinare la data delle elezioni”, i 5 stelle mal digeriscono l’operazione ‘soccorso’ e attaccano duramente gli ex alleati: “Pur di non tagliare il numero di poltrone Salvini e la Lega firmano all’ultimo istante il referendum”, afferma Stefano Buffagni. “Per la Lega la poltrona e’ l’unico sovranismo che conta”, attacca Danilo Toninelli. Poco prima del deposito delle firme, il pentastellato Michele Giarrusso ha ritirato la propria sottoscrizione per la strumentalizzazione che ne e’ seguita (nell’elenco definitivo figura un solo senatore pentastellato). Anche due dem, Verducci e D’Arienzo, si sono sfilati all’ultimo minuto. L’avvio dell’iter della riforma della legge elettorale e’ stato infatti giudicato un buon risultato che cambia lo scenario. Ma lo ‘scossone’ piu’ forte, forse, lo subisce Forza Italia. Accusati ieri di fare da stampella a Conte e al governo, per aver ritirato le firme, oggi al contrario i senatori azzurri finiscono nel mirino con l’accusa di aver aperto le porte alla balcanizzazione salviniana, che non punta ad altro se non ad andare al voto e fagocitare il partito di Berlusconi.

Resta silente il Pd, che pure ha 5 senatori tra i firmatari. Certo, i dem la riforma pentastellata l’hanno ‘subita’, votando si’ dopo tre voti contrari, per far nascere e poi mantenere in vita il governo. E fonti del Nazareno precisano che i senatori che hanno messo la firma lo hanno fatto a titolo personale. Solo il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, esce allo scoperto: “Chi spera di ottenere la fine anticipata della legislatura, utilizzando il referendum, restera’ molto deluso”, sostiene. In realta’, e’ proprio questo il nodo centrale: la lunga finestra che si apre da qui alla tarda primavera, prima che si svolga il referendum, potrebbe appunto fare da catalizzatore dei timori di quanti temono di non essere rieletti e indurre il ‘partito del voto’ a decretare la fine della legislatura. Ma il governo ostenta tranquillita’: si lavora ai dossier piu’ importanti, in vista della verifica sul programma, viene spiegato. Chi si chiama fuori e rivendica orgogliosamente coerenza e’ Fratelli d’Italia, unica forza politica che non ha sentori firmatari tra le sue fila: “Voteremo si’, siamo sempre stati a favore del taglio dei parlamentari”, ricorda Giorgia Meloni.

Referendum e regionali, sara’ primavera elettorale?

La prossima primavera potrebbe trasformarsi in una ‘primavera elettorale’, con il rischio che i cittadini italiani siano chiamati a votare per le amministrative, le regionali, e per ben due differenti Referendum, quello costituzionale per confermare o meno la riforma che riduce il numero dei parlamentari, e quello abrogativo voluto dalla Lega e promosso da 8 consigli regionali per eliminare la parte proporzionale dalla legge elettorale vigente, il cosiddetto Rosatellum. I promotori del Referendum costituzionale hanno depositato in Cassazione le firme necessarie (71 sottoscrizioni di senatori sulle 64 minime previste dalla Carta) per la richiesta della consultazione popolare. Se risultera’ tutto regolare, il Referendum si potrebbe svolgere tra fine aprile e giugno. Stesso periodo in cui altri appuntamenti elettorali chiameranno a raccolta i cittadini.

Sono infatti oltre mille i comuni che torneranno al voto, tra cui quindici capoluoghi di provincia e quattro di regione, con gli appuntamenti piu’ attesi che saranno quelli di Venezia, Reggio Calabria, Trento, Bolzano e Arezzo. Ma anche sei regioni dovranno affrontare il test elettorale: Veneto, Liguria, Campania, Toscana, Marche e Puglia. Molto probabile, come avvenuto gia’ in passato, che le elezioni regionali vengano accorpate con quelle comunali, per un unico election day. A questi appuntamenti, tra Referendum costituzionale, elezioni regionali e comunali, potrebbe aggiungersene un altro: la consultazione popolare voluta dalla Lega e richiesta da 8 consigli regionali sul maggioritario. Il 15 gennaio e’ atteso il responso della Consulta. Se ci dovesse essere il via libera al Referendum abrogativo, anche questo appuntamento si terrebbe nella prossima primavera, con un intreccio di date che, non e’ escluso, potrebbe risolversi in due momenti diversi: i cittadini potrebbero essere chiamati prima a votare per due diversi Referendum e poi, se non addirittura insieme, per regionali e amministrative.

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