Condannato a 2 anni e 3 mesi di carcere e al pagamento di una sanzione pecuniaria da 800 euro. Si è chiuso così il processo che vedeva Umberto Bossi (foto) imputato per le presunte spese personali effettuate tra il 2009 e il 2011 con i fondi affluiti nelle casse della Lega Nord sotto forma di rimborsi elettorali. Condannati anche suo figlio, Renzo detto “il trota” (1 anno e 6 mesi con una sanzione da 500 euro), e l’ex tesoriere Francesco Belsito (1 anno e 6 mesi con il pagamento di una sanzione pecuniaria da 900 euro). L’altro figlio di Bossi, Riccardo, era già stato condannato in abbreviato a 1 anno e 8 mesi. Il giudice monocratico dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano ha dichiarato “il non doversi procedere” su alcune delle accuse contestate e nel frattempo cadute in prescrizione. Su altre imputazioni è stata invece disposta l’assoluzione, mentre alcuni reati sono stati riqualificati da appropriazione indebita a tentata appropriazione indebita. Nonostante questo, le richieste di condanna del pm Paolo Filippini sono state accolte in toto. Secondo l’accusa, per Bossi “sostenere i costi della sua famiglia” sottraendo soldi alla Lega Nord sarebbe stato “un modo di agire consolidato” e soprattutto “concordato” con i tesorieri, ossia Belsito e il suo predecessore Maurizio Balocchi, alla guida della tesoreria del Carroccio dal 1993 al 2010, anno della sua morte. Nel dettaglio, Bossi avrebbe distratto dalla Lega Nord 208 mila euro, suo figlio Renzo 145 mila, mentre l’ex tesoriere Francesco Belsito circa mezzo milione di euro.
Soldi poi utilizzati, sempre secondo l’accusa, per il pagamento di una serie di spese personali: l’acquisto di auto di grossa cilindrata e di capi di abbigliamento griffati, il pagamento di contravvenzioni per ripetute violazioni del codice della strada. E ancora, lavori di ristrutturazione nelle case di Roma e Gemonio e la celebre laurea albanese in Economia che il “trota” avrebbe acquistato all’Univerità Kristal di Tirana mettendo sul piatto 77 mila euro. Tutte spese messe nero su bianco nella cartellina intitolata “The family” sequestrata nell’ufficio romano di Belsito in fase di indagini preliminari. Uno scandalo che, nel 2012, travolse Bossi insieme ai componenti del cosiddetto “cerchio magico” e che, nell’aprile di quell’anno, portò alle sue “dimissioni irremovibili” dalla segreteria del partito. Bossi non era presente in aula al momento della lettura del verdetto. C’erano invece Belsito e il figlio Renzo. “Me l’aspettavo, è solo il primo grado. Sono stato assolto da parte delle accuse. Andiamo avanti”, ha commentato “il trota”. Che ha ribadito la propria innocenza: “Non ho nulla da rimproverarmi. Non ho mai preso un soldo dalle Lega. Il partito non mi ha mai pagato le multe che ho preso con una macchina non mia, ma in uso alla Lega Nord. La laurea? Mai stato in Albania”. Anche Belsito punta il dito contro “una sentenza ingiusta”. I tre sono anche imputati a Genova per truffa aggravata ai danni dello Stato in un filone processuale nato dalla stessa inchiesta ma poi stralciato e trasferito nel capoluogo ligure per competenza territoriale. La sentenza del processo genovese è prevista per il 24 luglio. “La condanna a Bossi? Dispiace dal punto di vista umano. Fa parte però di un’altra era politica. La Lega ha rinnovato uomini e progetti”. Così il segretario della Lega Matteo Salvini.