Davide Vannoni, considerato il padre del contestato metodo Stamina per la cura di pazienti affetti da gravi patologie neurodegenerative, è stato nuovamente arrestato. I carabinieri si sono presentati questa mattina nella sua casa torinese con un’ordinanza di custodia cautelare: l’accusa è di aver proseguito la somministrazione del metodo Stamina all’estero, in particolare in Georgia. Quando patteggiò la condanna a un anno e dieci mesi nel 2015 Vannoni si impegnò a non proseguire le sue attività, bocciate dalla comunità scientifica. Davide Vannoni si stava preparando a fuggire probabilmente a Santo Domingo, sospettano gli inquirenti torinesi su cui avevano avviato nuove indagini da alcuni mesi e che controllavano le sue telefonate. Vannoni è accusato di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, di truffa aggravata, e di somministrazione di farmaci non conformi e trattamento. Assieme a Vannoni nell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo, sarebbero coinvolte almeno altre sei persone. Di certo la sua assistente storica, la biologa Erica Molino, la cui abitazione a Cuneo è stata perquisita, così come Rosalinda La Barbera, anche lei perquisita nella sua casa di Palermo presidente dell’associazione Prostamina Life, con sede a Roma, attraverso cui fino al novembre scorso sarebbero stati curati in Georgia con il metodo Stamina una cinquantina di pazienti italiani, affetti da gravi malattie neurodegenerative. Tariffe salate per loro, attorno ai 25-30mila euro viaggio compreso. Il trattamento di 3 infusioni infatti costava 18mila euro, quello da 5 infusioni, 27mila, a cui si aggiungevano 5 mila euro di iscrizione all’associazione e le spese di viaggio organizzato sempre dall’entourage di Vannoni. Il fondatore di Stamina, che questa mattina è stato fermato dai Nas nella sua casa di Moncalieri, aveva preso residenza a Tblisi dove aveva ripreso la sua attività, malgrado l’impegno in senso contrario preso nel 2015 quando patteggiò a Torino una pena di un anno e dieci mesi. Anche in Georgia però la sua attività sarebbe stata stoppata dall’autorità. Per questo il sociologo torinese avrebbe deciso di trasferirsi nuovamente e ampliare la sua attività in altri paesi, Ucraina, Bieloussi e, appunto Santo Domingo, dove un’estradizione sarebbe stata molto complicata. Ora si attende la convalida del fermo. Ma un nuovo processo, e soprattutto una nuova condanna, potrebbe togliere al fondatore di Stamina i benefici della sospensione della pena goduti fino ad ora.
LA CURA
Prevede la conversione di cellule staminali mesenchimali in neuroni, grazie all`utilizzo di acido retinoico il cosiddetto “Metodo stamina”, prelevando cellule dal midollo osseo dei pazienti, manipolandole in vitro e reinfondendole nei pazienti. Una terapia proposta e gestita dalla Stamina Foundation Onlus, fondata da Davide Vannoni per sostenere la ricerca sul trapianto di quelle cellule staminali multipotenti in grado di differenziarsi in cellule del tessuto osseo, cartilagini e tessuto adiposo (mesenchimali). Cura mai convalidata anche per via del rifiuto di Vannoni di fornire prove oggettive della sua efficiacia e di sottoporre il protocollo al vaglio della comunità scientifica internazionale. Stamina Foundation nasce nel 2009, pochi anni dopo il rientro di Davide Vannoni, professore associato di psicologia all`Università di Udine e laureato in scienze della comunicazione, dall’Ucraina dove si era recato per curare una paralisi facciale con un trapianto di cellule staminali. E, impressionato dal trattamento, aveva deciso di importarlo in Italia appoggiandosi ad un centro di San Marino grazie alla collaborazione del pediatra triestino Marino Andolina. Stamina avvia una attività di ricerca con l`Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, trattando soprattutto bambini affetti da teleparesi spastica. Ma anche pazienti affetti da patologie neurodegenerative come parkinson e sclerosi multipla. Ben presto però arriva lo stop da parte della comunità scientifica che chiede la validazione della terapia in base ai protocolli riconosciuti. Sul metodo, infatti, non esistono studi pre-clinici o clinici e soprattutto non esistono dati riguardo ai risultati. Gli unici documenti disponibili sul metodo Stamina sono le richieste di brevetto depositate da Vannoni, nel 2010 negli Stati Uniti, che risultano bocciati dall`ufficio brevetti poiché contenenti numerosi difetti, mancanze e dati non specificati. Gli scienziati, i medici, vogliono prove concrete sull’efficacia della terapia. Anche la legge lo stabilisce. Interviene Aifa, quindi arriva il parere negativo del board di saggi sulle staminali. Poi un appello di esperti di fama internazionale al ministro della salute, allora Renato Balduzzi, affinchè blocchi la somministrazione. Ma Vannoni risponde: “Il metodo Stamina non è una ricetta. Il ministero della Salute ci chiede un protocollo standard, ma Stamina ha una tecnica diversa. Gli esseri umani sono diversi l`uno dall`altro, quindi anche le cellule che li compongono hanno comportamenti diversi”. Una risposta che non soddisfa nessuno e mette sull’avviso la magistratura, tanto che il sostituto procuratore del Tribunale di Torino, Raffaele Guariniello, apre un`inchiesta sull`attività di Stamina, che nel 2014 sfocerà nel rinvio a giudizio di 12 indagati, tra cui lo stesso Vannoni, per somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione a delinquere.
L’INDAGINE
Chiuse le somministrazioni al Burlo, però, Vannoni si sposta agli Spedali Riuniti di Brescia avviando nuove cure sotto l’ombrello della formula “uso compassionevole”, cioè su pazienti in fase terminale. L`attività dura dall`ottobre 2011 all`aprile 2012 e permette di assistere 12 pazienti, tra cui 4 bambini. Ma un`ispezione dei Nas e dell`Aifa, rileva il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza e igiene e la carenza nella documentazione prescritta dalla legge. La magistratura chiarisce che esiste un “un concreto pericolo per i pazienti a causa delle modalità di conservazione dei campioni di cellule da trapiantare, preservati in modo approssimativo, identificati da etichette scritte a matita e di non chiara interpretazione e quindi facilmente confondibili”. E nelle terapie i Nas riscontrano inquinanti, prodotti di origine animale vietati per uso clinico, ma anche cellule e sangue. Inoltre, i preparati cellulari non contengono quantità rilevanti di cellule staminali mesenchimali, non sono in grado di differenziarsi in neuroni. Ma è nel 2013 che la questione Stamina assume rilevanza nazionale e internazionale con la vera e propria crociata avviata dalla trasmissione tv Le Jene in favore del metodo: servizi spesso dedicati a bambini che non possono accedere alle cure, genitori in piazza, continue accuse al ministro Balduzzi reo di non voler garantire la cura ai pazienti. Una pressione mediatica e sui social impressionante, ma ancora senza neanche una sola prova scientifica della validità del trattamento. Della riuscita delle cure. Alla quale si contrappone, vanamente, la comunità scientifica: nel 2013 il Senato emana un decreto che autorizza la continuazione dei trattamenti per i pazienti che li avevano cominciati. E’ il cosiddetto decreto Balduzzi.
I PAZIENTI
Vengono stanziati 3 milioni di euro per avviare la sperimentazione clinica del metodo Stamina. L`AIFA dovrà supervisionare; il tutto dovrà stabilirsi in un Ospedale adeguato (il Maggiore di Milano) e seguire le norme di igiene e buona preparazione necessarie. Stamina dovrà offrire i protocolli del suo metodo, ed il tutto sarà vagliato da una commissione ministeriale che sarà appositamente istituita. Ma Vannoni non è d’accordo: non vuole fornire i protocolli. A questo punto la comunità scientifica internazionale insorge e l’Italia viene messa alla berlina, anche con inchieste di autorevoli riviste scientifiche sul personaggio Vannoni. In ogni caso, alla consegna dei protocolli di cura, arriva il “no” secco al metodo Stamina: non c`è alcuna base scientifica, e non ci sarà nessuna sperimentazione”. Metodo bocciato. Ma non finisce: i genitori ricorrono ai tribunali e in alcuni casi – come all’Aquila – riescono a ottenere la continuazione della cura per i loro bambini. E’ così per la piccola Noemi, uno dei “casi simbolo” della battaglia delle famiglie e dei malati pro-Stamina. Cambia il ministro della Salute e arriva Lorenzin che nel 2014 nomina un “comitato scientifico” su Stamina con l’intento di chiarire una volta per tutte la questione. Dai saggi arriva l’ennesimo secco “no”. Dal punto di vista “sanitario e scientifico”, conclude il ministro, “per me la questione è chiusa, è conclusa”. E, pur essendo divenuta anche lei oggetto del bombardamento mediatico e delle incursioni televisive aggiunge: “le cure alternative che non sono riconosciute dal sistema scientifico nazionale e internazionale hanno la stessa valenza dei maghi, ma i maghi non sono né legittimati, né sovvenzionati dallo Stato”. Nel 2015 si chiude una prima fase del caso giudiziario e mediatico sul metodo Stamina. Vannoni patteggia una condanna a un anno e dieci mesi.