Renzi punta su zoccolo duro del Sì per scongiurare “governicchi”, nel Pd è resa dei conti

Renzi punta su zoccolo duro del Sì per scongiurare “governicchi”, nel Pd è resa dei conti
23 novembre 2016

La vittoria del sì non è impossibile, dalle parti del Pd ne sono convinti in molti, e non solo i renziani, ma il premier e i suoi a questo punto hanno deciso di giocare comunque all’attacco gli ultimi giorni di campagna elettorale per gestire al meglio il dopo-referendum, anche in caso di vittoria del no. Il punto di partenza saranno i voti che il 4 dicembre arriveranno a favore della riforma Costituzionale, i voti in valore assoluto: “Conterà il numero di voti totale, non la percentuale. Soprattutto in caso di vittoria del no…”. E per capire come Renzi pensi di capitalizzare il consenso che raccoglierà basta ascoltare Lorenzo Guerini che, dà voce ad un ragionamento che da giorni gira dalle parti dei renziani ed in parte anticipato dallo stesso premier: se la riforma fosse bocciata dagli elettori, nessun governo tecnico, si faccia la riforma dell’Italicum rapidamente e poi si torni a votare.

“Se c’è la volontà politica – ha detto Guerini – possiamo lavorare in tempi rapidi ad una nuova legge elettorale e andare presto a elezioni con il nuovo sistema di voto, per l’estate 2017″. Al tempo stesso, “se non ci sono le condizioni politiche e la riforma elettorale viene usata come scusa per far sopravvivere un governo debole, non siamo interessati”. Frasi poi precisate dal vice-segretario: “Le mie dichiarazioni che sono state forzate. Ho semplicemente detto che in caso di vittoria del No ci sarebbe più instabilità. E’ del tutto evidente che l’indizione delle elezioni è prerogativa del Presidente della Repubblica e non di una dichiarazione”. Una precisazione dovuta, per rispetto appunto delle “prerogative” del Colle, ma necessaria anche per calmare gli animi nel Pd. Che lo scioglimento sia un potere del presidente della Repubblica è evidente, ma è altrettanto chiaro che la posizione che assumerà il Pd dopo il voto sarà determinante, perché nessun governo può esistere in questo Parlamento senza il consenso dei democratici. E un altro parlamentare renziano da giorni ripete: “La legge elettorale si cambia se si riesce a fare una cosa sensata. Se vogliono tornare al proporzionale, ci teniamo l’Italicum alla Camera e il ‘consultellum’ al Senato e si va a votare…”.

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Il punto è che dentro al Pd non ci sono solo i bersaniani a frenare la tentazione di correre verso le urne: Dario Franceschini lo ha detto esplicitamente che anche in caso di vittoria del No Renzi dovrebbe restare a palazzo Chigi, e opinione simile hanno molti altri segmenti della maggioranza renziana di provenienza ex Ds, compresi Martina, Orlando e Orfini. La vittoria del Sì non è considerata una “mission impossible” persino dai bersaniani: “Non darei affatto per scontata la vittoria del No”, diceva ieri uno dei parlamentari vicini all’ex segretario. Ma se alla fine la riforma fosse bocciata, aggiunge un renziano doc, “si tratta di vedere quanti voti prendiamo”. Renzi ha detto pubblicamente che punta a “15 milioni di Sì”, perché con quella cifra quasi certamente si vince il referendum. Ma, aggiunge uno dei suoi, “anche se perdiamo e il Sì ottiene 13-14 milioni di voti, stiamo parlando di una cifra superiore al Pd del 40,8%, superiore anche ai 12milioni di voti che prese Veltroni nel 2008…”. Una ‘dote’ che Renzi avrebbe ottenuto “contro tutti”, aggiunge il renziano, “persino contro un pezzo di Pd”.

Il premier sa che dovrà fronteggiare un mezzo tsunami, in caso di vittoria del No. I bersaniani già pronosticano un premier rinviato alle Camere da Mattarella e alle prese con una legge di bilancio da riscrivere per le obiezioni Ue. Scenario che Renzi ha detto di non prendere in considerazione (“Per galleggiare ci sono quelli di prima”, va ripetendo nei comizi) ma che anche ex Ds di maggioranza non escludono: “Se vince il No – dice uno di loro – il giorno dopo i renziani in Parlamento tornano ad essere 40 come all’inizio della legislatura. Anzi, 39… E lui non può pensare di intestarsi tutti i Sì”. Tutti magari no, ma stando alle indiscrezioni Renzi e i suoi starebbero proprio pensando di fare tesoro dei voti che arriveranno il 4 dicembre. Con quel patrimonio, secondo alcuni fedelissimi, si riuscirebbe a stoppare il ‘big bang’ della maggioranza renziana, il premier potrebbe comunque tenere il timone del partito e lanciare la campagna elettorale per le politiche, a quel punto tornando a vestire a tempo pieno i panni del ‘rottamatore’. Un cliente scomodo per chiunque aspirasse a prendere il posto di Renzi a palazzo Chigi. Per i bersaniani, e non solo, l’idea del voto anticipato è invece “un’arma spuntata”. Per ora siamo al pre-partita, ma le squadre hanno cominciato a scaldarsi.

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