Politica

Centrodestra diviso, Salvini e Meloni voto subito. Fi perde tempo, prima armonizzare le leggi

La sentenza della Corte costituzionale non cambia le carte sul tavolo del centrodestra: da un lato Matteo Salvini, Giorgia Meloni e un pezzo di Fi che chiedono il voto subito, dall’altro Silvio Berlusconi che manda avanti i gruppi parlamentari per insistere sulla necessità di armonizzare i sistemi elettorali di Camera e Senato. Scontate le dichiarazioni di Lega e Fratelli d’Italia: la previsione di “immediata applicazione” per l’Italicum corretto è il passaggio della sentenza che Salvini e Meloni utilizzano per rinforzare la loro richiesta di voto immediato, il 23 aprile propone il leghista: “La sentenza significa voto subito. E’ una bella giornata per la democrazia, spero che Gentiloni, Renzi, Alfano e compagnia non abbiamo paura degli italiani: la primavera è alle porte, spero porti le elezioni. E calendario alla mano, il 23 aprile penso possa essere una bella giornata di liberazione nazionale, in cui gli italiani possano riprendere il controllo”, dice Salvini. “Ora che abbiamo anche una legge elettorale non ci sono più scuse: sabato 28 gennaio tutti in piazza a Roma per chiedere elezioni subito”, gli fa eco Meloni, rimandando all’appuntamento del weekend proprio con Salvini e con il forzista Giovanni Toti.

MELONI Il leader di Fratelli d’Italia, rilancia l’appuntamento di sabato a Roma. “Italia sovrana in piazza, perché vogliamo tornare a votare, vogliamo che l’Italia sia trattata come tutte le democrazie normali – dice Giorgia Meloni -. Quando gli italiani dicono che non si sentono rappresentati da un Governo, a maggior ragione se quel Governo non l’hanno scelto loro, bisogna dargli la possibilità di tornare a libere elezioni. Gli italiani devono avere la possibilità di dire la loro. Temo che il ‘mi piace’ su Facebook non basti più – conclude – temo che indignarsi davanti alla televisione non basti più, bisogna venirlo a dire di persona che il popolo non si fa più trattare dalla politica come se fossimo sudditi”.

BERLUSCONI Più complicata la posizione di Forza Italia. Berlusconi – complici dei controlli di routine “fissati da tempo” all’ospedale San Raffaele – evita di esporsi direttamente, e lascia che a dettare la linea siano le dichiarazioni dei gruppi di Camera e Senato. E dunque “il parlamento si metta al lavoro perché il Paese ha bisogno di leggi elettorali omogenee”, dice il capogruppo a palazzo Madama Paolo Romani, visto che il sistema elettorale disegnato dalla Consulta “necessita un deciso intervento parlamentare per armonizzare i due sistemi di voto”, gli fa eco il gruppo della Camera. Ma il fatto è che a Berlusconi – da settimane schierato per il proporzionale – il sistema scaturito dalle sentenze della Corte non dispiace più di tanto. Perché di proporzionale appunto si tratta, e perché non vengono toccati i capilista bloccati, se non per la possibilità di optare arbitrariamente su un collegio piuttosto che un altro per chi dovesse essere eletto in più collegi. Visto che i collegi sono 100, è ovvio che Berlusconi potrà scegliere uno ad uno i deputati che saranno eletti. Il problema del Cav dunque è legato più che altro ai tempi: ma l’unico interlocutore per modifiche in Parlamento può essere il Pd, che però – almeno nella maggioranza renziana – ha fissato paletti precisi: si discuta sul Mattarellum, e per un tempo di poche settimane, evitando la melina. La sponda che allora Berlusconi può trovare è solo quella di Sergio Mattarella, non a caso richiamato nel comunicato dei deputati azzurri, circa la necessità di leggi omogenee. E ovviamente la tentazione di molti peones di tirare la legislatura più in là possibile.

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