Le cento piazze destinate oggi a rappresentare l’Italia che “non si arrende” sono finora settantasei, comunque non poche, ma l’elenco è “in aggiornamento”, come precisa il sito della Lega che riporta le informazioni organizzative. Le manifestazioni del centrodestra saranno “simboliche”, precisa Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, nel video appello nel quale spiega le ragioni di questi flashmob (a numero chiuso per evitare rischi sanitari) e rimanda l’appuntamento con militanti e simpatizzanti al raduno di popolo del Circo Massimo in programma il 4 luglio prossimo. L’appuntamento principale del 2 giugno è quello previsto dalle 10 del mattino in piazza del Popolo a Roma, dove parleranno i leader della Lega e di Fratelli d’Italia, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e Antonio Tajani, numero 2 di Forza Italia.
“Abbiamo scelto la Festa della Repubblica – dice Meloni – perché crediamo non ci sia modo migliore per festeggiare la nostra Repubblica che rappresentare simbolicamente quei milioni di italiani che non ci stanno al racconto di un’Italia destinata al declino per colpa dell’emergenza coronavirus o delle scelte sbagliate del Governo”. In piazza a Roma ci saranno 3-400 persone, quasi tutti parlamentari e dirigenti di partito, ai quali verrà dato un badge per certificare la loro appartenenza al numero chiuso previsto per non alimentare possibili contagi e “per non dare alibi al Governo, che non aspetta altro che poter scaricare la responsabilità dei suoi fallimenti su di noi”, chiarisce la presidente di FdI.
Sulla mobilitazione incombe l’ombra di gilet arancioni e dei gruppi estremisti di destra che già sono scesi in piazza nei giorni scorsi, senza le cautele sanitarie adottate dalle forze parlamentari di centrodestra. Il generale in pensione Antonio Pappalardo, autoproclamato leader dei gilet, pubblica su Facebook la foto di una folla oceanica e scrive: “Ci siamo amici, se non siamo così il 2 Giugno a Pizza del Popolo, Roma, dobbiamo aspettare altri eventi per cacciare via gli Incostituzionali” (punteggiatura originale del post). Ma gli arancioni eviteranno la sovrapposizione, dicono nel centrodestra, e manifesteranno in altri orari. In caso contrario, per garantire il distanziamento e il numero chiuso del flashmob del centrodestra “nessun servizio d’ordine”, garantisce il parlamentare leghista Claudio Durigon, “ci penserà la polizia”. Nelle regioni, i governatori leghisti e di centrodestra saranno in piazza ma senza precettazioni, “chi lavora, lavora”, precisa Durigon.
Il lombardo Attilio Fontana, ad esempio, diserterà l’evento milanese per impegni istituzionali (visita del presidente Mattarella a Codogno). La chiave comunicativa dei flashmob sarà ovunque il tricolore nazionale, e i promotori dell’iniziativa avevano chiesto di poterla concludere andando a deporre una corona di fiori sotto il monumento al Milite ignoto all’Altare della Patria. Iniziativa frustrata dal secco veto del cerimoniale di palazzo Chigi (“è la Festa della Repubblica, la cerimonia spetta a Mattarella”) con contorno di polemiche sulla tempistica, le modalità e le motivazioni del diniego: “Alla faccia della democrazia” il commento di Salvini. Forza Italia, orfana del leader, Silvio Berlusconi, rimasto in Costa Azzurra, rischia di apparire un po’ al traino degli alleati e qualcuno mugugna.
Se Renato Brunetta giura che “sarà una giornata unificante”, Gianfranco Rotondi alza la bandierina di componente: “Il centrodestra scende in piazza? Auguri ma noi Dc non ci andiamo” e avverte: “Alle strette la Dc e l’Udc non fanno nemmeno parte del centrodestra, ad esempio in Campania se non c’è Caldoro penso che andremo per conto nostro. I nostri rapporti sono solo con Berlusconi”. Qualche dubbio lo esprime anche Andrea Cangini, senatore vicino alla “moderata” Mara Carfagna: “Bisognerebbe fare il possibile per parlare una lingua diversa. Se Conte è rimasto al suo posto e probabilmente ci resterà ancora a lungo è anche grazie a Salvini”. Tuttavia, minimizza l’esponente azzurro, “la manifestazione di domani è di importanza minore rispetto a quella di piazza San Giovanni, quella fu una vera abdicazione al salvinismo…”.