Pompei, 800 reperti per mostrare il ‘volto etrusco’

Antefissa in terracotta a maschera gorgonica da Capua. Museo Archeologico Nazionale di Napoli1
11 dicembre 2018

Un viaggio che comincia con le prime influenze etrusche in Campania, prosegue con la fondazione della Pompei piu’ antica intorno al 600 a.C. e arriva al tramonto della civilta’ etrusca, attraverso 800 reperti provenienti da musei italiani ed europei, esposti in 13 sale allestite nel portico Nord della Palestra grande degli Scavi di Pompei. Si apre domani la mostra ‘Pompei e gli Etruschi’, promossa dal Parco archeologico in collaborazione con il Museo archeologico nazionale di Napoli e il Polo museale della Campania. In programma fino 2 maggio prossimo, l’esposizione chiude la trilogia sulle ‘connessioni mediterranee’ aperta dall’Egitto nel 2016 e proseguita dalla Grecia nel 2017, rilanciando la ricchezza e l’importanza delle contaminazioni tra le elite campane etrusche, greche e indigene, che hanno come fulcro Pompei.

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L’allestimento del direttore generale dell’area archeologica, Massimo Osanna, e di Ste’phane Verger, directeur d’etudes a l’Ecole pratique des hautes etudes di Parigi, segue una scansione cronologico-tematica e mette in luce le controverse dinamiche delle presenza etrusca in Campania attraverso bronzi, argenti, reperti in terracotta, ceramiche, tombe e santuari. “La mostra parte dai ritrovamenti dei recenti scavi nel santuario extraurbano del Fondo Iozzino – spiega Verger – che hanno restituito una grande quantita’ di materiali di epoca arcaica, soprattutto armi e servizi per le libagioni, che si affiancano a quelli provenienti da altre citta’ etrusche della Campania, come Pontecagnano e Capua”. Da Cuma, invece, arrivano le testimonianze di sfarzose tombe principesche dove venivano seppelliti i membri di grandi famiglie aristocratiche, come anche nel Lazio, con la tomba Barberini di Palestrina. Nella prima parte della mostra spiccano gli elementi in legno risalenti al IX-VIII secolo a.C. e provenienti dall’insediamento indigeno di Longola, che grazie al microclima favorevole si sono conservati fino a oggi.

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Con il passaggio dalle famiglie principesche alle nuove eli’te rurali e urbane, si sviluppano le botteghe che producevano ceramiche. Della ‘Pompei etrusca’ si possono ammirare le armi e i sevizi per le libagioni che richiamano i riti compiuti nei santuari dell’epoca. Il periodo successivo segna il tramonto della Campania etrusca, fino alla battaglia di Cuma; nelle necropoli sono stati ritrovati servizi da banchetto con vasi greci di qualita’ e vasi etruschi importati da Vulci, con le iscrizioni che attestano nuovamente le connessioni tra una popolazione mista. “La mostra racconta di un crogiolo di civilta’ che vedono la Campania come uno dei nodi principali della connettivita’ mediterranea – sottolinea Osanna – anche i linguaggi usati e le iscrizioni dimostrano che e’ sbagliato dividere nettamente greci, etruschi e italici, ma bisogna ragionare in termini di scambio, dove l’etnicita’ viene utilizzata solo in momenti di crisi, ma in tempo di pace c’e’ la capacita’ di stare insieme”. Il direttore del Museo archeologico di Napoli, Paolo Giulierini, sottolinea la collaborazione con gli Scavi e annuncia la mostra in programma dal 31 maggio, dedicata alle collezioni etrusche acquisite dal Mann, con centinaia di oggetti ritrovati nei depositi e restaurati.

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