Il 27% degli italiani ha fatto almeno un acquisto illegale
E’ sempre in crescita il mercato del commercio illegale in Italia, in particolare contraffazione e abusivismo, in aumento anche sul web: nel 2016 circa il 27% dei consumatori ha acquistato almeno una volta prodotti illegali o ha utilizzato servizi offerti da soggetti non autorizzati (+1% sul 2015). E’ l’allarme della Confcommercio che ha presentato l’indagine “Legalità, mi piace”, in cui afferma che il fenomeno della contraffazione e dell’ abusivismo danneggia il 65% delle imprese. Abbigliamento (+2,1%) e audiovisivi, videogiochi, musica (oltre il +2%) svettano su tutti, ma tra i settori più colpiti ci sono anche i gioielli e i generi alimentari. Fenomeno in aumento su internet, dai farmaci all’elettronica. Il 72% circa dei consumatori pensa che acquistare prodotti illegali sia “normale” o “utile” per chi è in difficoltà. Lo sostengono in prevalenza uomini e giovani fra i 18 ed i 24 anni. Nel 2016 la percentuale delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti che ritengono di essere state danneggiate “in generale” dall’azione della illegalità è cresciuta al 65,1% rispetto al 62,1% del 2015. La percezione è più forte tra le imprese del Mezzogiorno.
L’indagine, effettuata tra le imprese e i consumatori da Confcommercio-Imprese per l’Italia in collaborazione con Format Research nell’ambito della giornata sulla legalità del 22 novembre, indica anche che i consumatori che acquistavano illegalmente abbigliamento nel 2015 erano il 57,9%, oggi sono il 60% (+2,1%). Cresce anche l’acquisto illegale di audiovisivi, musica e videogiochi (dal 13,1% del 2015 al 15,2%), e si espande l’acquisto illegale sul web. Si acquistano prodotti illegali, spiega l’associazione, in prevalenza “perché si pensa di fare un buon affare risparmiando” (lo dice il 73,3% dell’intero campione degli intervistati, contro il 70% del 2015) o “perché non si hanno i soldi per acquistare i prodotti legali” (lo dichiara il 73,2% contro il 72,1% del 2015). A ritenere che acquistare prodotti illegali sia “normale” e “utile” per chi è in difficoltà economiche sono in prevalenza gli uomini e i giovani fra i 18 ed i 24 anni. Farmaci e prodotti alimentari sono, secondo l’80% dei consumatori, gli acquisti più pericolosi perché strettamente legati alla salute. La consapevolezza del rischio sale al 96% per quanto concerne l’acquisto illegale sul web. Un contrasto evidente con il 27% dei consumatori che, nonostante i rischi, nel 2016 ha acquistato prodotti o servizi venduti illegalmente. In ogni caso i consumatori conoscono i rischi a cui vanno incontro: il 70% circa è informato sul rischio di sanzioni amministrative per chi è sorpreso ad acquistare prodotti contraffatti o servizi abusivi, un tasso leggermente superiore a quello del 2015.
Il consumatore di prodotti e servizi illegali è in prevalenza donna (54%) e ha fra i 35 e i 54 anni. Significative, tuttavia, anche le percentuali di coloro che hanno oltre 64 anni (18,3%), risiedono più frequentemente nelle regioni del Mezzogiorno (43,7%) e in quelle del Centro Italia (24,7%). Il fenomeno risulta invece meno diffuso nel Nord Italia, con poco più del 30% dei prodotti comprati illegalmente (fra Nord Ovest e Nord Est). Oltre il 20% di coloro che acquistano contraffatto sono pensionati, mentre è aumentata del 3,5% la percentuale dei consumatori di famiglie monoreddito con bassa capacità di spesa che acquistano prodotti illegali. L’impatto sulle imprese del terziario, quindi, è pesante: nel 2016 la percentuale delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti che ritiene di essere stata danneggiata da meccanismi commerciali fuori dalle regole che alterano la concorrenza e inquinano il mercato è cresciuta al 65,1% rispetto al 62,1% del 2015. Lo ‘accusano’ in prevalenza le imprese che operano nel Mezzogiorno. Gli effetti dell’economia illegale che pesano di più sulle imprese sono: concorrenza sleale, riduzione del fatturato, peso degli investimenti per la sicurezza dell’azienda (acquisto di servizi di videosorveglianza/antitaccheggio, etc), non poter assumere nuovi addetti (o mantenere quelli attuali) per il peso dei costi, perdita di appeal della propria impresa.