In trenta minuti il Consiglio dei ministri ha salvato Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariChieti. Tanto è durato la seduta del Cdm che ha approvato un decreto che costera’ al sistema bancario 3,6 miliardi. Al Consiglio dei ministri non ha partecipato il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Una nota del suo ufficio stampa ha informato infatti che la Boschi si trovava a Milano per partecipare alla inaugurazione della Torre Isozaki di Allianz. La precisazione non è peregrina, in quanto il ministro in quest’ultimo periodo è stato di polemiche dato il ruolo avuto dal padre ai vertici di Banca Etruria. Secondo la Banca d’Italia, “la soluzione adottata assicura la continuita’ operativa delle banche e il loro risanamento, nell’interesse dell’economia dei territori in cui esse sono insediate, tutela pienamente i risparmi di famiglie e imprese detenuti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere e non utilizza denaro pubblico”. Si tratta di banche di dimensione piccola o media, aventi nel complesso una quota del mercato nazionale dell’1 per cento circa in termini di depositi. Per ciascuna delle quattro banche “la parte “buona” e’ stata separata da quella ‘cattiva’ del bilancio.
Alla parte buona (“banca buona” o “banca-ponte” o bridge bank) sono state conferite tutte le attivita’ diverse dai prestiti “in sofferenza”, cioe’ quelli di piu’ dubbio realizzo; a fronte di tali attivita’ vi sono i depositi, i conti correnti e le obbligazioni ordinarie. Il capitale e’ stato ricostituito a circa il 9 per cento del totale dell’attivo (ponderato per il rischio) dal “Fondo di Risoluzione”, previsto dalle norme europee e amministrato dall’Unita’ di Risoluzione della Banca d’Italia. Esso e’ alimentato con contribuzioni di tutte le banche del sistema. La banca buona viene provvisoriamente gestita, sotto la supervisione dell’Unita’ di Risoluzione della Banca d’Italia, da amministratori da questa appositamente designati; in tutti e quattro i casi la carica di Presidente e’ rivestita dal dott. Roberto Nicastro, ex Direttore Generale di Unicredit. Gli amministratori hanno il preciso impegno di vendere la banca buona in tempi brevi al miglior offerente, con procedure trasparenti e di mercato, e quindi retrocedere al Fondo di Risoluzione i ricavi della vendita.
Si e’ inoltre costituita una “banca cattiva” (bad bank), priva di licenza bancaria nonostante il nome, continua via Nazionale, “in cui sono stati concentrati i prestiti in sofferenza che residuano una volta fatte assorbire le perdite dalle azioni e dalle obbligazioni subordinate e, per la parte eccedente, da un apporto del Fondo di Risoluzione: quest’ultimo fornisce alla banca cattiva anche la necessaria dotazione di capitale. Tali prestiti in sofferenza, svalutati a 1,5 miliardi dall’originario valore di 8,5 miliardi, saranno venduti a specialisti nel recupero crediti o gestiti direttamente per recuperarli al meglio. Per semplicita’ viene costituita un’unica banca cattiva che raccoglie le sofferenze di tutte e quattro le banche originarie”. Lo Stato, quindi il contribuente, “non subisce alcun costo in questo processo. L’intero onere del salvataggio e’ posto innanzitutto a carico delle azioni e delle obbligazioni subordinate delle quattro banche, ma e’ in ultima analisi prevalentemente a carico del complesso del sistema bancario italiano, che alimenta con i suoi contributi, ordinari e straordinari, il Fondo di Risoluzione.
L’impegno finanziario immediato del Fondo di Risoluzione e’, complessivamente per le quattro banche, cosi’ suddiviso: circa 1,7 miliardi a copertura delle perdite delle banche originarie (recuperabili forse in piccola parte); circa 1,8 miliardi per ricapitalizzare le banche buone (recuperabili con la vendita delle stesse), circa 140 milioni per dotare la banca cattiva del capitale minimo necessario a operare. Quindi, In totale, circa 3,6 miliardi. La liquidita’ necessaria al Fondo di Risoluzione per iniziare immediatamente a operare e’ stata anticipata da tre grandi banche (Banca Intesa Sanpaolo, Unicredit e UBI Banca), a tassi di mercato e con scadenza massima di 18 mesi. Le quattro banche originarie divengono dei contenitori residui in cui sono confinate le perdite e la loro copertura, e vengono subito poste in liquidazione coatta amministrativa. Le banche buone (banche-ponte) ne assumono la stessa denominazione con l’aggettivo “Nuova” davanti e proseguono nell’attivita’ essendo state ripulite delle sofferenze e ricapitalizzate. La banca cattiva restera’ in vita solo per il tempo necessario a vendere o a realizzare le sofferenze in essa inserite.