di Carlantonio Solimene
Di vero e proprio sbarco in Parlamento non si può parlare, perché Italia Unica – il movimento fondato da Corrado Passera – non avrà al Senato né un gruppo né una componente nel Misto. Però ci assomiglia molto se è vero che Gaetano Quagliariello ha assicurato che con il partito dell’ex ministro montiano ci sarà qualcosa di più di una collaborazione: “Loro sanno – ha spiegato – che in Parlamento potranno fare affidamento su di noi in base ai valori e alle proposte che condividiamo”. E così, seppur in forma indiretta, tra i banchi del Senato figurerà l’ennesimo partito mai passato per le elezioni. Una tendenza che in questa legislatura sta raggiungendo vette mai toccate prima. E che, quando sarà in vigore l’Italicum, potrebbe radicarsi ulteriormente se è vero che il premio di maggioranza alla lista incoraggerà apparentamenti tra forze politiche pronte a dividersi il giorno dopo le elezioni. Il ragionamento è in un certo qual senso geniale: perché rischiare una brutta figura alle urne se poi basta cooptare due o tre onorevoli per assicurarsi un ruolo in Parlamento? E così tra i banchi fioriscono a ripetizione nuove sigle che in molti casi restano sconosciute ai più e che, a dire il vero, i sondaggi neanche considerano viste le percentuali da prefisso telefonico. Qualche esempio? Al Senato gli ex fedelissimi di Berlusconi Sandro Bondi e Manuela Repetti hanno dato vita alla componente del gruppo Misto Insieme per l’Italia , mentre Maurizio Rossi – schieratosi con Cofferati all’epoca della querelle sulle primarie del Pd in terra ligure – è l’unico rappresentante del movimentoLiguria Civica .
Dario Stefano, (ex?) vendoliano, ha dato vita a sua volta alla formazione La Puglia in Più . Iscritti? Uno solo, lo stesso Stefano. Senza contare il già citato Quagliariello, le cui strategie appaiono sempre più indecifrabili: formalmente è ancora tra i senatori di Area Popolare , ora si offre come “ponte” in Parlamento per Passera ma contestualmente, appena una settimana fa, ha lanciato la nuova associazione Idea , nella quale fanno capolino un po’ di ex alfaniani, da Andrea Augello a Carlo Giovanardi per arrivare a Eugenia Roccella e Vincenzo Piso. E tra i banchi parlamentari, complice l’adesione di alcuni ex grillini, è risorta persino l’ Italia dei Valori orfana dell’ex leader Antonio Di Pietro, che ha abbandonato la sua stessa creatura. Proprio la diaspora degli ex pentastellati ha provocato il maggior florilegio di sigle. Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino si sono assunti l’onere di rappresentare in Italia L’Altra Europa con Tsipras , mentre un numero più cospicuo di fuoriusciti ha dato vita ad Alternativa Libera , che in Parlamento ha subito fatto asse con un altro dissidente, stavolta del Pd: quel Pippo Civati che ha partorito Possibile , la versione italiana dello spagnolo Podemos. Un rompicapo? Senza dubbio. E le cose non migliorano se dai movimenti minori si passa a quelli più sostanziosi. L’apripista è stato il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, poi confluito in Area Popolare. Ma hanno seguito la stessa strada gli ex montiani di Popolari per l’Italia , i fittiani deiConservatori e Riformisti , i tosiani di Fare! , i verdiniani di Ala .
Gli unici, questi ultimi, a non essersi ancora dotati di un simbolo. Dall’altro lato dell’emiciclo, invece, si registra la nascita di Sinistra Italiana, che unisce sotto le sue insegne gli ex Sel e gli ultimi fuoriusciti dal Pd come Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre. Il risultato è che la maggior parte dei novelli partiti può contare su un numero molto esiguo di parlamentari che finiscono così per far lievitare il Gruppo Misto. Gruppo che, alla Camera, con 62 deputati iscritti, è ormai la terza aggregazione dopo Pd e MoVimento 5 Stelle, superando anche Forza Italia. In tutto, gli onorevoli che oggi rappresentano partiti che alle Politiche del 2013 non esistevano sono oltre 250, praticamente un quarto di tutto l’arco parlamentare. Una ricchezza di numeri alla quale, però, non corrisponde un eguale consenso. Secondo l’ultimo sondaggio di Datamedia per Il Tempo , infatti, sommando la percentuale degli “altri partiti” a quella di Area Popolare e di Sinistra Italiana, si arriva a un misero 11,2%. Un segnale non proprio rassicurante per chi, prima o poi, i conti delle urne dovrà comunque farli. Gli esempi del passato, d’altronde, sono inequivocabili. Basti quello tristemente noto dei finiani di Futuro e Libertà. Erano una trentina in Parlamento nella 16ª Legislatura, ma dalle elezioni uscirono con un poverissimo 0,47%. Tra i fedelissimi dell’ex presidente della Camera l’unico a salvarsi fu Benedetto Della Vedova. Che oggi, manco a dirlo, siede nel Gruppo Misto del Senato.