L’Antimafia Sicilia chiude indagine su Cara Mineo: politici volevano fare assunzioni
MAFIA CAPITALE La relazione è stata trasmessa anche al presidente dell’Antimafia nazionale Rosy Bindi e alle Procure di Roma, Catania e Caltagirone
“Nel Calatino si e’ determinato una sorta di sodalizio fra un onnivoro sistema imprenditoriale e una parte della rappresentanza politico-istituzionale. Con una specifica caratteristica: mentre di solito e’ il sistema delle imprese che si pone al servizio della politica, qui e’ accaduto che la politica (o almeno una parte di quel ceto) si e’ posta in una condizione di subordinazione rispetto al perno sul quale si e’ mosso tale perverso sistema di monopolio nella erogazione di servizi”. E’ la conclusione della relazione approvata all’unanimita’ dalla Commissione Antimafia dell’Ars sul Cara di Mineo, trasmessa anche al presidente dell’Antimafia nazionale Rosy Bindi e alle Procure di Roma, Catania e Caltagirone, interessate dai diversi filoni di indagine sulla struttura per richiedenti asilo, che rappresenta uno dei capitoli dell’inchiesta su ‘Mafia capitale’. La Commissione ha accertato livelli di responsabilita’ politica che hanno coinvolto, in base alla relazione conclusiva, la Regione siciliana, “che ha rinunciato di svolgere un ruolo attivo attraverso la Protezione civile”; “la scelta di coinvolgere Odevaine nella compagine del Cara”; la scelta “di non intervenire dopo i fatti di ‘Mafia capitale’ e dopo il parere dell’Anac sulla gara per la gestione del Cara”; i sindaci aderenti al consorzio “che hanno rinunciato a ogni diritto di soci, per piegarsi a logiche politiche e subire il condizionamento del sistema imprenditoriale e cooperativo”; “il sindaco di Mineo, che e’ apparso subire analogo condizionamento, con l’aggravante di essere presidente dell’ente”.
“Dalle audizioni è emerso il tentativo dei politici locali di ritagliarsi un ruolo nelle assunzioni, segnalando personale (persino familiari) spesso privo dei requisiti professionali necessari allo svolgimento dei delicati compiti ai quali sono chiamati”. Si legge ancora nella relazione. “Due distinte fasi – scrive la commissione – hanno caratterizzato il reclutamento del personale al Cara di Mineo: la prima, quella dell’avvio e dei contratti a tempo indeterminato; la seconda, quella del Consorzio tra i Comuni, con un organico quasi al completo e con le nuove assunzioni spesso a tempo determinato perché legate al variare del numero degli ospiti presenti all’interno della struttura”.
“…alcune settimane fa sono sbarcati a Messina 400 migranti, di cui 200 sono stati mandati al Cara di Mineo, senza essere stati identificati. E l’indomani mattina sono scomparsi. Che ci siano, quindi, molti di questi soggetti in giro è certo; che siano gestiti da qualche organizzazione è oltremodo fondato”. E’ quanto ha detto davanti alla commissione regionale antimafia nel maggio del 2015 il Procuratore capo di Caltagirone, Giuseppe Verzera, come riporta sempre la relazione definendo l’episodio “inquietante” ed “allarmante la carente vigilanza interna ed esterna al Cara”. “Lo stesso magistrato – conclude la commissione – ha inoltre evidenziato in quella occasione “le difficoltà non indifferenti che la gestione del Cara comporta a livello di ordine pubblico”.