L’ultimo vettore spedito in aria nel 2009, 1.576 chili di tecnologia fai da te, e’ andato in frantumi quando mancava poco all’ambito traguardo dei 20 chilometri di altezza, la’ dove finisce la troposfera, lo strato piu’ basso dell’atmosfera terrestre. A bordo c’era un topo, sacrificato in nome del progresso scientifico. “E’ morto senza soffrire- dice Keta senza scomporsi- Non sono il tipo che si scoraggia di fronte a qualche insuccesso. Anche Albert Einstein ha fallito degli esperimenti. Ho una missione da portare a termine nella mia vita: raggiungere lo spazio. Ci sono andato vicino tante volte, ora sono certo di potercela fare”, promette invitando a visitare il Centre de Recherche Aerospatiale che ha costruito inchiodando assi di legno e vecchie lamiere. Non e’ certo un laboratorio della Nasa. La luce tremolante di un neon illumina una stanza che pare uscita dal set di Guerre stellari. Schermi di vecchi computer attaccati alle pareti, strani congegni accatastati in un angolo, una mappa della volta celeste dispiegata su un tavolo dove giace un razzo. E’ l’ultimo prototipo ideato dallo ‘scienziato’ congolese. “L’ho battezzato Troposfera VI e sara’ pronto entro un anno- assicura Jean- non appena saro’ riuscito a racimolare i cinquantamila dollari necessari a portare a termine la missione”. topo astronautaPer finanziare i precedenti lanci, Keta ha investito i risparmi accumulati in anni di lavoro come rappresentante farmaceutico ed ex commerciante di rame. Ora ha prosciugato il conto in banca. Spera di recuperare risorse tramite l’agenzia spaziale che ha fondato, la Developpement Tous Azimuts. Il governo di Kinshasa, pur lodando i suoi sforzi, gli ha negato finanziamenti pubblici. Non gli e’ andata meglio quando ha bussato alle porte di ong e filantropi stranieri: “In Occidente pensano che l’Africa abbia bisogno solo di medicine”, commenta contrariato.
Amici e fan lo incoraggiano a non mollare. Un gruppo di giovani congolesi, neolaureati in ingegneria, gli sta dando una mano per mettere a punto gli ultimi ritocchi del suo ambizioso programma. Il ‘Wall Street Journal’ ha pubblicato di recente una sua intervista, consentendogli di farsi conoscere all’estero. “Mi hanno gia’ contattato alcuni privati e imprenditori interessati a finanziare il prossimo lancio”, ha detto Keta. A bordo del razzo questa volta vuole mettere tre passeggeri: un lombrico, una mosca e un altro grosso ratto. “Servono per studi scientifici- accenna senza approfondire- Faro’ di tutto per farli tornare vivi sulla Terra. Voglio che diventino famosi come la cagnolina Laika, il primo essere vivente lanciato nello spazio dall’uomo”. Era il 1957, il cucciolo fini’ in orbita con la capsula spaziale sovietica Sputnik 2. Sessant’anni dopo toccherà a un ratto di Kinshasa entrare nella storia? (DIRE-MISNA)