Banche, parte il conto alla rovescia per risiko da 800 miliardi di euro

Il premier Matteo Renzi è stato esplicito. In Italia “ci sono troppe banche, in alcuni casi anche banche di paese”. Dopo la riforma delle popolari e quella annunciata per il mese prossimo sul credito cooperativo, il 2016 sarà l’anno del risiko bancario. Con il termine fissato alla fine dell’anno prossimo per la trasformazione in SpA delle banche popolari, il processo di aggregazione è ormai ai nastri di partenza. Anche se UniCredit e Intesa Sanapolo non saranno della partita, il consolidamento del settore bancario italiano è destinato ad essere ampio e consistente. Una nuova stagione per ridisegnare il perimetro ed i connotati della galassia del credito. Calcolando gli attivi delle principali popolari, del credito cooperativo (371 istituti, 135 miliardi di impieghi e attivi pari al 6% dell’intero sistema bancario) senza dimenticare Mps e Carige, gli asset in ballo sfiorano gli 800 miliardi di euro.

Le banche locali italiane che restano sotto la vigilanza diretta di Bankitalia sfiorano quota 600 e la componente italiana less significant è la terza dell`area dell`euro (16 per cento del totale), dopo Germania e Austria. Ai tre paesi è riconducibile complessivamente l`80 per cento delle banche che con il meccanismo di vigilanza unico rimangono sotto la supervisione delle banche centrali nazionali. Al tavolo delle aggregazioni si sono aggiunte le quattro good bank sorte da Banca Etruria, CariChieti, Banca Marche e CariFerrara dopo l’intervento per il salvataggio. Istituti destinati ad essere acquistati. Il presidente Roberto Nicastro ha rivelato all’inizio di dicembre di aver ricevuto manifestazioni di interesse da parte di banche e private equity. L’asta per le quattro banche partirà a febbraio. Anche un banchiere di lungo corso come Alessandro Profumo recentemente ha indicato che “il risiko bancario partirà, specialmente nel mondo delle popolari. Oggi è un momento di surplace perchè tutti si vedono aggreganti. Poi un’operazione partirà e ci sarà un effetto domino”.

Oltre alle questioni tattiche, sui tempi del consolidamento ha influito anche il tema delle sofferenze. Da oltre un anno si parla di aggregazioni bancarie ma ancora il processo non è entrato nel vivo. Ma le opzioni sono molteplici: fusione, acquisizioni ma anche la scelta stand alone magari con l’ingresso di qualche investitore. Oltre a quelli con passaporto estero, potrebbero essere della partita le fondazioni ex bancarie che potrebbero investire le risorse derivanti dalla riduzione delle partecipazioni nelle banche conferitarie. In prima fila nel processo di consolidamento ci sono i big delle popolari: Ubi, Banco Popolare, Bper e Bpm. Quest’ultima è la più corteggiata. Da tempo gli analisti si esercitano su varie ipotesi di aggregazione fino a immaginare suggestive mega-fusioni tra le principali popolari che darebbero vita a un colosso con asset vicini a quelli dei big del credito Intesa Sanpaolo e UniCredit. Di certo chi farà la prima mossa restringerà, anche di molto, il campo d’azione e di scelta degli altri.

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