Il 2016 del Papa nel segno della riforma decentralizzatrice. Buoni propositi? “Pregare di più”

Il 2016 del Papa nel segno della riforma decentralizzatrice. Buoni propositi? “Pregare di più”
1 gennaio 2016

di Cristina Valenti

Entrato nel terzo anno del suo pontificato, Papa Francesco, 79 anni, ha confidato ai giovani del coro dei Pueri cantores, ricevuti ieri in Vaticano, uno dei buoni propositi per il 2016: “Pregare di più”. Non, dunque, progetti faraonici o iperattivismo, ma radicamento in quello che per ogni sacerdote e vescovo è, o dovrebbe essere, il servizio principale. Sarebbe sbagliato, però, leggere in questa intenzione un proposito di inazione. I gesuiti sono “contemplativi in azione”. Trovano nella preghiera fonte di ispirazione per agire, anche controcorrente. Per il Papa chiamato “quasi dalla fine del mondo”, portare avanti la riforma della Chiesa, nel segno, prevedibilmente, di una maggiore “decentralizzazione”. Il termine, insito già nell’elezione del primo Papa latino-americano della storia, è emerso come nodo al doppio sinodo sulla famiglia che il Papa ha voluto in forma straordinaria nel 2014 e in forma ordinaria nel 2015. “Abbiamo visto”, ha commentato egli stesso concludendo l’assemblea di ottobre scorso, “che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un`altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”.

Un tema, caro al Papa gesuita, necessario per una Chiesa globalizzata, che – sono sempre parole del Papa, pronunciate più volte e da ultimo nel commemorare il Concilio vaticano II – che spingono a prendere in considerazione una “salutare decentralizzaione” della Chiesa cattolica mondiale, che non tutti, nella Curia romana, vedono di buon occhio. Non casualmente, dopo aver posto le basi per l’accorpamento di diversi pontifici consigli in due nascenti congregazioni, il consiglio dei nove cardinali di tutto il mondo che coadiuva il Papa nella riforma della Curia, il cosiddetto C9, dedicherà al tema una specifica sessione durante la prossima riunione nel febbraio 2016. E sempre a febbraio – lo ha preannunciato all’Osservatore Romano nei giorni scorsi il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo dei vescovi – si svolgerà in Vaticano un “seminario riservato a specialisti sia in campo ecclesiologico sia in campo canonistico” per portare avanti la riforma dell’ordo synodi e dell’istituto sinodale avviata da Papa Francesco nel segno di una maggiore partecipazione di tutti i soggetti alla vita della Chiesa. La riforma, insomma, “andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”, come ha detto il Papa nel saluto per gli auguri di Natale alla Curia romana. Riforma che ha già messo in atto un significativo cambio di poteri all’interno della corte vaticana, dove molti protagonisti, per lo più italiani, della vecchia guardia sono usciti di scena, e sono invece entrati nei gangli della burocrazia pontificia australiani, tedeschi, americani, chierici ma anche laici. Le resistenze e i timori non mancano. Francesco, nonostante i 79 anni, non sembra intimorito dalle opposizioni, anzi, come emerso ad esempio nella vicenda dei documenti riservati del Vaticano (vatileaks), al centro ora di un processo che, dopo un’accelerazione iniziale, sembra destinato a protrarsi nel tempo. Se qualcuno voleva suggerire che nonostante la buona volontà il Pontefice argentino non riesca a governare l`ingovernabile, lui ha accelerato la riforma: nuovo direttore generale allo Ior, più forza al Consiglio per l`Economia, cabina di regia per le finanze vaticane, audit a PricewaterhouseCoopers, il fidato cardinale Pietro Parolin a capo della gestione degli ospedali cattolici.

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Molta attesa, intanto, per la esortazione apostolica che il Papapubblicherà nel 2016 sulla famiglia, dopo i due sinodi che hanno visto una discussione franca e a volte polemica su questioni controverse come la comunione ai divorziati risposati. Iniziato sottotono, proseguirà poi per tutto l’anno, fino al 20 novembre, il Giubileo della misericordia aperto da Papa francesco lo scorso otto dicembre a San Pietro (oggi il Pontefice apre la porta santa di Santa Maria maggiore), con un anticipo, in realtà, nella capitale centrafricana Bangui. Francesco ha voluto un anno santo molto diverso dal passato, niente grandi opere, porte sante aperte in tutte le cattedrali del mondo, anche in questo caso decentralizzazione. Complice l’allerta terrorismo, esplosa con gli attentati terroristici a Parigi il 13 novembre, il calo di presenze in piazza San Pietro si è vista. A confermarlo, oltre i dati di Confesercenti, lo stesso Vaticano, che ha pubblicato ieri i dati – già di per sé in calo come per ogni pontificato dopo il boom dei primi due anni – delle affluenze agli eventi pubblici del Papa in Vaticano. In totale i fedeli che hanno preso parte a udienze generali, udienze speciali, celebrazioni liturgiche e Angelus nel 2015 sono stati 3.210.860: in calo di 2.705.940 rispetto all’anno scorso quando erano stati in tutto 5.916.800. E, relativamente al solo dicembre, sinora unico mese “giubilare”, se nel 2014 a dicembre c’erano stati 461.500 pellegrini, quest’anno sono stati 324mila. Il Papa “non è preoccupato delle folle oceaniche a Roma, ma è preoccupato che ognuno possa avere il modo e la facilità di sperimentare la bontà, l`amore misericordioso di Dio” nel corso del Giubileo della misericordia, ha commentato di recente ai microfoni della Radio vaticana l`arcivescovo Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato.

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Nel corso dell’anno, ad ogni modo, sono previsti diversi “giubilei” tematici (ad esempio quello dei bambini, quello dei carcerati, quello dei malati), con relative cerimonia a San Pietro, udienza generali il sabato una volta al mese, nonché diversi “gesti” del Papa, che ha iniziato la serie andando ad aprire la porta dell’ostello Caritas alla stazione Termini. Molti altri gli appuntamenti di Papa Francesco previsti per il 2016. Se di ritorno dall’ultimo viaggio, in Africa, il Papa ha confidato di essere un po’ affaticato, alla sua età, per i viaggi, l’anno che viene, effettivamente, prevede al momento solo due trasferte internazionale: in Messico dal 12 al 18 febbraio (incontrerà anche le vittime del defunto prete pedofilio Marcial Maciel) e, in estate per la Giornata mondiale della gioventù (Gmg) di Cracovia, in Polonia, dove si recherà anche ad Auschwitz e al santuario mariano di Czestochowa. Per il giubileo il Papa ha annullato, per la delusione della locale arcidiocesi, il viaggio previsto a Milano, nonché altre trasferte in Italia. Il 17 gennaio si recherà in visita alla sinagoga maggiore di Roma. E’ infine molto probabile, come scrive il sito specializzato Il Sismografo, che nel corso dell’anno che viene Papa Francesco creerà nuovi cardinali. Sarebbe il terzo Concistoro di Bergoglio dopo quelli del 22 febbraio 2014 (19 nuovi porporati) e del 14 febbraio 2015 (20 nuovi porporati). Ai 39 cardinali creati da Francesco dunque nel corso del 2016 si potrebbero aggiungere forse altri 15/18. I dati attuali, al 31 dicembre 2015, sulla composizione del collegio cardinalizio rendono plausibili la creazione di queste nuove berrette rosse. Oggi il collegio è formato da 216 porporati. Gli elettori ad un eventuale Conclave sono 117 e alla fine dell’anno dovrebbero scendere a 106 poiché in questi prossimi 12 mesi i cardinali che supereranno gli 80 anni (diventando non-elettori) sono 11. Un ‘corpo elettorale’ di 106 è piuttosto lontano dal numero ottimale – 120 – stabilito da Paolo VI. E offre l’occasione al Papa per continuare, come fatto nei suoi precedenti concistori, ad internazionalizzare il ‘collegio elettorale’ della Chiesa cattolica mondiale, scegliendo pastori nelle periferie del mondo che continueranno a disegnare, in futuro, una Chiesa meno romano-centrica e sempre più aperta.

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