Unioni civili, prima il Pd vuole l’ok su riforme costituzionali
STEPCHILD ADOPTION Non decolla l’affido rafforzato e intanto il fronte cattolico prepara la piazza. Discussione sulla legge Cirinnà al Senato inizierà il 26 gennaio
Prima l’ok del Senato alle riforme costituzionali, poi le unioni civili: il dibattito sulla stepchild adoption, che sembra infiammare la maggioranza nei primi giorni del 2016, per Matteo Renzi è del tutto prematuro. La discussione sulla legge Cirinnà in aula a palazzo Madama inizierà soltanto il 26 gennaio e fino ad allora ci sono ben due settimane per incassare gli ‘almeno’ 161 sì al ddl Boschi che lunedì prossimo 11 gennaio sarà licenziato dalla Camera. Un voto che a Palazzo Chigi ritengono molto più delicato, su cui non esistono maggioranze trasversali e sul quale dunque la tenuta della maggioranza di governo è indispensabile. Tuttavia, superato possibilmente senza traumi il passaggio delle riforme in Senato – il penultimo prima dell’ok definitivo che arriverà alla Camera entro tre mesi almeno – non è detto che i toni duri utilizzati da Area popolare e dal ministro Angelino Alfano contro la possibilità di adottare il figlio del partner gay portino a una modifica del testo che il sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto continua a dire essere “già una mediazione”. Se una mediazione nella maggioranza di governo ci sarà, spiegano fonti parlamentari del Pd, non sarà nella proposta emendativa, annunciata da alcuni senatori cattolici del Pd guidati da Stefano Lepri e confermata ieri da Giorgio Tonini, su un affido rafforzato al posto della stepchild adoption che pure ieri aveva fatto breccia nei parlamentari Ncd Fabrizio Cicchitto e Bruno Mancuso.
Né sembra avere chance l’idea del vicepresidente dei deputati Ap Rocco Buttiglione di scrivere nel ddl Cirinnà che “i bambini prodotti per mezzo dell’utero in affitto non possono essere adottati da coloro che ne hanno commissionato la produzione”. Così, secondo Buttiglione, “si eliminerebbe ogni equivoco”. Ma è la stessa senatrice dem Monica Cirinnà a dire no: “Questa non è una mediazione, è una ulteriore discriminazione: si colpiscono i bambini per condannare il comportamento dei genitori. Il Pd non è disponibile a discriminare i bambini”. Per ora, l’unica mediazione in campo – almeno a sentire fonti Pd del Senato – è ribadire nel testo il divieto di ricorrere alla pratica dell’utero in affitto. Più chiarezza si avrà la prossima settimana intanto, “martedì o mercoledì”, quando, annuncia Micaela Campana, deputata e responsabile welfare e diritti del Pd, “noi del gruppo di lavoro presenteremo la stesura finale ai capigruppo Zanda e Rosato perché il testo non può tornare in Senato dove la maggioranza è più ristretta”.
E molto probabile sarà un dibattito sul tema delle unioni civili in una direzione del Pd che il premier-segretario Renzi dovrebbe convocare a gennaio: si pensava a una data intorno a metà mese, ma ora dal partito spiegano che più probabilmente sarà “tra la metà e la fine del mese”. Anche perchè, visti i precedenti, lo scenario più probabile è che alla direzione Renzi si presenti con una proposta già definita da far ratificare all’organismo Pd. Il fronte del no al ddl Cirinnà, in ogni caso, affila le armi: prende corpo l’idea di replicare a fine mese una manifestazione “in difesa della famiglia” sulla scia di quella del giugno scorso in piazza San Giovanni a Roma: in quell’occasione non si replicò il successo del family day del 2007 contro i Dico proposti dall’allora governo Prodi. Non è chiaro se stavolta ci sarà, come fu nove anni fa, l’appoggio dei vescovi. “Nessuna altra forma di convivenza di nucleo familiare, pur rispettabile, può oscurare o indebolire la centralità della famiglia”, ha detto ieri il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Ma da qui a un sostegno alla piazza ce ne passa. Qualche risposta potrebbe arrivare – forse – domani quando si terrà la prima riunione del nuovo anno della presidenza della Cei.