di Corrado Accaputo
Il mandato del segretario generale dell’Onu Ban ki-moon scade il 31 dicembre prossimo. Prima di lui altri sette uomini hanno avuto la leadership delle Nazioni Unite. “E’ ora di cambiare”, ha scritto il New York Times, sostenendo la necessità di nominare una donna. E oggi, il quotidiano francese Le Figaro ricorda – con parole che risuonano da endorsement – l’attivismo di Kristalina Georgieva, vice presidente e Commissario dell’Unione europea per il Budget e le Risorse umane, a cui a maggio sarebbe stato affidato il compito di trovare nuovi finanziamenti per le Nazioni unite. “La Georgieva sarebbe una candidata eccellente”, ha confermato un alto funzionario Onu citato dal quotidiano. La corsa per la successione al diplomatico sudcoreano, insomma, è già entrata nel vivo. E tra i partecipanti spicca anche l’italiana Federica Mogherini, attuale Alto rappresentante Ue per la Politica Estera e di sicurezza. Una corsa che per lei prevede anche alcuni ostacoli, non ultimo il fatto che – rilevano alcune fonti – “il segretario generale è solitamente espressione di Paesi strategicamente non eccessivamente rilevanti”.
Non è il caso dell’Italia. La leadership della missione Onu in Libano, il ruolo rilevante in Afghanistan e in Kosovo, il prossimo probabile impegno in Libia alla guida di una missione di stabilizzazione sono solo alcuni esempi di un’Italia ‘sovraesposta’ a livello strategico, diplomatico, militare, economico ed umanitario. Certo, a favore di Lady Pesc giocano la perseveranza e l’equilibrio con cui ha inseguito e, alla fine ottenuto con il segretario di Stato Usa John Kerry, un accordo sul programma nucleare iraniano. Un successo che Mogherini può vantare nonostante la latitanza di una politica estera comune europea, mentre qualcuno le rimprovera posizioni troppo filo-arabe e filo-russe (ma questo potrebbe non essere necessariamente un punto a suo sfavore, visto che Mosca è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, organo che ‘suggerisce’ all’Assemblea il nome da votare). Un punto a suo sfavore potrebbe invece essere l’eccessivo affollamento di italiani in ruoli di leadership all’Onu. Il primo gennaio di quest’anno Filippo Grandi ha assunto l’incarico quinquennale di Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati.
Un ruolo di straordinaria importanza, in un momento in cui si discutono le possibili vie di pacificazione della Siria e, soprattutto, in un momento di sfide senza precedenti nel campo delle migrazioni. Inoltre, non è un mistero che l’Italia punti alla direzione dell’Unesco, con tre possibili candidati di peso come Giovanna Melandri, Francesco Rutelli e Piero Fassino e, soprattutto, a un seggio non permanente al Consiglio di Sicurezza per il biennio 2017/18. In ogni caso, sono numerosi i nomi di personalità femminili già proposti ufficiosamente o semplicemente sussurrati per la successione di Ban Ki-moon. Tra i più accreditati ci sono quelli dell’attuale direttore generale dell’Unesco Irina Bokova, del Commissario Ue per il Budget e le Risorse umane Kristalina Georgieva (entrambe bulgare), del direttore del Fondo monetario internazionale, la francese Christine Lagarde, della presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf, del segretario esecutivo della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi Alicia Bárcena Ibarra, del presidente della Commissione internazionale contro la Pena di Morte, Navi Pillay.