di Maurizio Balistreri
“Sarebbe molto meglio che un disegno di legge di questo genere non arrivasse al Senato, o comunque non fosse approvato. Penso così non per ostilità verso le persone omosessuali. Al contrario, fin da quando ero giovane ho avuto rapporti di autentica amicizia con degli omosessuali. Semplicemente, non vedo come possa esistere un matrimonio, o un simil-matrimonio, tra due persone che unendosi non possono procreare e come si possa negare a un bambino il diritto di avere un padre e una madre”. E’ il giudizio sul ddl Cirinnà dell’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, intervistato da La Repubblica. Sul Family Day del prossimo 30 gennaio, prosegue Ruini, “esprimo piena condivisione per le parole del cardinale Bagnasco. È giusto inoltre che protagonisti siano i laici ed è molto positivo che oggi questo emerga più chiaramente. Ma ciò non significa che i vescovi non possano esprimere il loro apprezzamento, anzi, una partecipazione che viene dal cuore”. In ogni caso secondo il cardinale “una legge” sulle unioni civili “si può fare, in Parlamento già esistono disegni di legge in merito. Per evitare il rischio di equiparazione al matrimonio bisognerebbe attribuire però i diritti alle singole persone che formano la coppia, e non alla coppia come tale. In concreto, quasi tutti questi diritti sono già riconosciuti da sentenze della magistratura. E poi: tutta la pressione si concentra non sui diritti delle coppie che possono avere figli, ma su quelli delle coppie omosessuali: è un atteggiamento molto lontano dalle esigenze reali di un Paese attanagliato dalla crisi delle nascite”.
Intanto, il Pd cerca ancora una mediazione al suo interno sull’ultimo nodo rimasto nella legge sulle unioni civili, quello sulla stepchild adoption. Mediazione che al momento non sembra ancora essere stata trovata. Una delle soluzioni proposte è il cosiddetto ‘foglio rosa’, ossia un periodo di tempo in attesa del quale concedere l’adozione del figlio biologico del partner. Ma pare sia solo una delle tante ipotesi sul tavolo. Ieri, frattanto, al Senato c’è stata la prima delle due assemblee dem per discutere delle modifiche al ddl Cirinnà. La riunione si è conclusa senza alcuna novità; ognuna delle parti, cattolici e laici, è rimasta sulle sue posizioni e la linea annunciata dal capogruppo è che “non ci saranno emendamenti del gruppo ma presentati dai singoli senatori”, inoltre resta ferma la libertà di coscienza. E così la prossima settimana, il 26, i senatori torneranno a vedersi alla vigilia dell’approdo in Aula del ddl Cirinnà (previsto per il 28) e a quel punto verrà chiesto loro di esprimersi con un voto. La relatrice, Monica Cirinnà, chiarisce che “il testo che andrà in aula è quello. Il binario è segnato: non si cambia nulla sui diritti”. E semina ottimismo sull’esito del percorso parlamentare, “una mediazione si troverà”, assicura. Ma la verità è che i voti segreti potrebbero davvero mettere in discussione il progetto originario della legge sulle unioni civili.
Se pure l’argomento della stepchild adoption divida anche gli altri gruppi parlamentari e veda il sostegno esplicito di Sel e M5S, le opposizioni potrebbero usare lo scrutinio segreto per mettere in difficoltà Renzi. Ecco perchè il governo ha deciso di sottrarsi del tutto dalla partita: “Il governo non darà pareri e non ci saranno emendamenti del gruppo Pd”, ha spiegato Zanda, che però ha ammonito i senatori a non prestarsi alle “strumentalizzazioni politiche” degli altri gruppi parlamentari: “L’esito dell’Aula è imprevedibile, per questo il Pd deve stare molto attento”, ha detto suggerendo di “presentare pochi emendamenti e meditati”. Anche Vannino Chiti, esponente di spicco della minoranza dem è intervenuto per sollecitare “l’unità del gruppo, la libertà di coscienza viene dopo. Stiamo attenti alle maggioranze sostitutive”, ha detto. Sulla carta i senatori contrari all’articolo 5 del ddl Cirinnà sarebbero una trentina, forse meno alla prova del voto, ma lo scrutinio segreto potrebbe far cadere una delle parti fondamentali della legge di cui Renzi non più tardi di venerdì scorso ha ribadito l’urgenza. Più vicina sembrerebbe la soluzione su altri punti controversi del testo, quelli sugli articoli 2 e 3 che riguardano la disciplina normativa dell’unione tra due persone dello stesso sesso. Dopo i rilievi sollevati dai costituzionalisti e dal Colle dovrebbero essere presentati alcuni emendamenti per evitare l’equiparazione tout court tra il matrimonio e le unioni civili: “Gli emendamenti tengano conto del contenuto delle sentenze della Consulta – ha proposto Zanda – della giurisprudenza di primo e secondo grado italiana e delle sentenze della Corte europea”.