di Enzo Marino
Doveva essere l’incontro risolutivo, ma al di là del reciproco scambio di convenevoli pubblici, il colloquio tra Matteo Renzi e Angela Merkel non scioglie nessuno dei nodi sul tappeto. Con la Commissione Europea convitato di pietra, usata da entrambi i leader per rinviare le risposte più spinose. E allora Renzi chiama in ballo l’esecutivo comunitario per non sbloccare i fondi a favore della Turchia, mentre Merkel si rifugia dietro la Commissione per non prendere posizione sulla flessibilità chiesta dall’Italia. Merkel esordisce lodando le riforme di Renzi e in particolare il Jobs Act, Renzi risponde assicurando unità di intenti con “gli amici tedeschi”. Ma quando le domande affrontano i due temi più caldi, emerge che i passi avanti sono davvero pochi. Sul punto che più sta a cuore a Merkel, gli aiuti alla Turchia che vanno attuati “urgentemente”, Renzi spiega che l’Italia “è pronta a fare la sua parte”, ma prima di sbloccare i fondi “aspettiamo risposte dalla Commissione su come verranno computati questi denari”, ovvero se saranno esclusi dal patto di stabilità. Risposta che “aspettiamo presto”. Del resto, è la frecciata velenosa che rimanda alle parole del capo di gabinetto di Juncker (il tedesco Selmayr, vicino alla Cdu), “a Bruxelles sono molto impegnati ma hanno spesso l’occasione di fare conferenze stampa o parlare con i giornalisti: avranno anche il tempo per risolvere questo problema”.
Ma se Renzi aspettava un aiuto pubblico da Merkel sul tema della flessibilità, le speranze vanno deluse: “Ogni comunicazione sulla flessibilità viene sempre interpretata in maniera diversa”, ha detto Merkel rispondendo a una domanda, e “questa interpretazione per fortuna spetta alla commissione e io non mi immischio. Ogni paese conduce le sue discussioni con la Commissione su questa questione e anche noi ne prendiamo atto”, è la fredda risposta della Cancelliera. Anche se dalla delegazione italiana minimizzano, tirando in ballo le necessità della Merkel di tenere il punto davanti al suo elettorato. Come a dire, non è detto che dietro le quinte la Cancelliera non lavori a favore dell’Italia. E anche Renzi attacca Juncker – e non Berlino – sul punto: “Non stiamo chiedendo di cambiare delle regole, ma che le regole siano applicate e senza equivoci”, ricordando che la flessibilità “è una condizione necessaria dell’accordo che ha portato all’elezione di Juncker”. Sui grandi temi, le parole d’ordine sono comuni. Ad esempio la necessità di “rimuovere le cause” dell’ondata migratoria, favorendo il processo di pace in Siria. Ma la difesa netta di Schengen arriva dal solo Renzi: “Se perdiamo Schengen perdiamo l’Europa”, spiega il premier. E qual è il problema con la Germania si capisce da come Renzi si rivolge diretta all’opinione pubblica tedesca per “rassicurarla” sugli adempimenti dell’Italia nell’identificazione dei migranti: “Siamo al 100 per cento delle identificazioni, con le impronte e anche le foto”. Ma nelle parole di Renzi c’è la fotografia dell’esito dell’incontro: “Non su tutto siamo d’accordo, anche per l’appartenenza a diverse famiglie politiche”. Tuttavia “il nostro avversario oggi è lo stesso: il populismo” e “i punti che ci uniscono” con la Germania “sono più di quelli che ci dividono”.