Criscuolo lascia la presidenza della Consulta, prima di lui solo Enrico De Nicola
IL CASO Le dimissioni della quinta carica dello Stato sono di carattere strettamente privato e familiare e dovranno ora essere votate dalla Consulta in una riunione ad hoc di Giovanni Tortorolo
di Giovanni Tortorolo
Le dimissioni di Alessandro Criscuolo dalla presidenza della Corte costituzionale, quinta carica dello Stato dopo presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio, hanno un solo precedente nella storia della Repubblica italiana: quello di Enrico De Nicola. L’ex capo provvisorio dello Stato durante la Costituente fu eletto primo presidente della Consulta il 23 gennaio 1956 e si dimise dopo 13 mesi, il 26 marzo 1957, in segno di dura protesta politica, per denunciare gli ostacoli a suo giudizio posto dal Governo di allora all’opera di democratizzazione delle istituzioni giudiziarie e delle norme giuridiche, impregnate ancora di disposizioni di stampo fascista. De Nicola lasciò allora ad un tempo la presidenza e la stessa Consulta. Dopo di lui nessun presidente, fino ad oggi, se ne era più andato. Del tutto diverse, di carattere strettamente privato e familiare, le ragioni delle dimissioni annunciate ora del presidente Criscuolo. Secondo quanto da lui riferito ai giudici della Consulta avvertiti per primi della sua decisione, Criscuolo ritiene incompatibile il peso della presidenza della Corte Costituzionale con l’assistenza che non vuole personalmente far mancare alla propria moglie, vittima di una brutta frattura al femore e ora in attesa di subire un doppio intervento chirurgico. Una scelta personale che invece, a giudizio di Criscuolo, non osta al mantenimento dell’incarico di giudice, una volta deposte responsabilità e impegni collegati alla presidenza.
Più numerose, invece, nella storia della Corte Costituzionali le dimissioni di giudici che non erano presidenti dalla Consulta. E’ successo nel 1987, quando Annibale Ferrari nominato giudice dal capo dello Stato si dimise dopo che tutti gli altri suoi colleghi avevano respinto all’unanimità il suo ricorso contro la regolarità dell’elezione a presidente della Corte di Francesco Saja. E’ successo di nuovo nel 2010, quando l’avvocato civilista Giuseppe Vaccarella eletto dal Parlamento su indicazione del centrodestra si dimise “per tutelare la dignità mia dignità e di un organo costituzionale”, confermandole come irrevocabili dopo che il collegio le aveva respinte. Vaccarella sbattè la porta in contrasto con l’allora Governo Prodi, a seguito di dichiarzioni di suoi ministri che avevano ostentato sulla stampa sicurezza circa l’orientamento della Consulta chiamata di lì a poco a pronunciarsi sul referendum sulla legge elettorale. E’ successo, infine, da ultimo, un anno fa quando il 2 Febbraio 2015 uscì definitivamente dalla Consulta e attrversò la strada per entrare al palazzo del Quirinale come nuovo presidente della Repubblica, Gli altri giudici costituzionali in carica (Giuseppe Frigo, Paolo Grossi Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Aldo Carosi, Marta Cartabia Marta Cartabia, Mario Rosario Morelli, Giancarlo Coraggio, Giuliano Amato, Silvana Sciarra, Daria de Pretis Daria de Pretis, Nicolò Zanon, Franco Modugno, Augusto Barbera Giulio Prosperetti) sono stati i primi, ieri sera, ad aver saputo della decisione di Criscuolo dalla sua stessa voce. Dopo di loro è toccato al presidente del Senato Pietro Grasso, alla presidente della Camera Laura Boldrini e al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Mentre con il Quirinale ci si è accordati per un colloquio telefonico in giornata con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella da New York.
Le dimissioni di Criscuolo dovranno ora essere votate dalla Consulta in una riunione ad hoc dei giudici che si terrà fra martedì e giovedì della prossima settimana, non ancora convocata. Saranno con ogni probabilità accolte. E in quella sede sarà deciso dal Collegio dei giudici – di cui Criscuolo resta parte- se procedere contemporaneamente nella stessa riunione all’elezione del nuovo presidente o aggiornarsi a una data successiva. Alla Consulta assicurano che è presto per azzardare previsioni sulla scelta. Ma il giudice Paolo Grossi, ottantrenne professore fiorentino di storia del diritto italiano, nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 17 febbraio 2009 appare sulla carta come una possibile soluzione naturale per passare rapidamente e senza scossoni le consegne al vertice della Corte Costituzionale. La durata del suo mandato è assai vicina a quella di Criscuolo: se diventasse lui presidente la sua presidenza avrebbe fine negli stessi giorni in cui si sarebbe conclusa quella dell’attuale presidente dimissionario, con tutti i vantaggi in termini di equilibri e continuità che questo alla Consulta può comportare. Grossi dovrà infatti lasciare la Corte Costituzionale il 23 febbraio 2018, Criscuolo se ne andrà l’11 Novembre 2017. La sua nomina sarebbe inoltre un mix fra consuetudine e innovazione. Grossi non è infatti il giudice con maggiore anzianità di servizio (che è Giuseppe Frigo, giudice dall’ottobre 2008) ma il secondo. La prassi dell’anzianità di elezione verrebbe con lui innovata ma senza rotture. A lungo è stata rigorosamente seguita alla Consulta per eleggere i presidenti. Ora, invece, non è più un dogma: di recente è stata interrotta ad esempio con la nomina di Marta Cartabia a vicepresidente.