Sentenza Ciancio: “Legislatore definisca concorso esterno”. Procura Catania, aspettiamo notifica motivazioni

Sul profilo teorico la distinzione e’ chiara, sotto quello pratico invece la differenza puo’ essere “problematica”, a tal punto che crea una difficolta’ di concreta applicazione di tale figura. E’ un passo della motivazione della sentenza che ha disposto il “non luogo a procedere” perche’ “il fatto non e’ previsto dalla legge come reato”, per l’editore Mario Ciancio Sanfilippo, accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa. Secondo il gip di Catania, Gaetana Bernabo’ Distefano, la “creazione di una fattispecie di reato non puo’ che essere demandata al legislatore che deve farsi carico di stabilire i confini di tale figure, secondo precisi criteri di ermeneutica giuridica” e non “lasciare all’interprete il compito di definire qualcosa che, allo stato, non e’ definibile”. Di piu’: per il Gip di Catania, “la creazione del cosiddetto concorso esterno appare, purtroppo, una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell’ambito di un illecito penale cosi’ grave per la collettivita’. Con cio’ – scrive il Gip nelle motivazioni – non vuole dirsi che la zona grigia dei cosiddetti colletti bianchi sia una zona neutra, non passibile di controllo giurisdizionale. Si puo’ affermare che il fenomeno e’ piu’ delicato di quanto non si pensi, ed inoltre ha avuto un’evoluzione, in negativo, che negli anni Ottanta non si poteva neppure prevedere.

In sostanza – osserva il Giudice – l’intuizione di Giovanni Falcone e la conseguente creazione di una fattispecie di reato che potesse coprire la zona grigia della collusione con la mafia oggi non puo’ che essere demandata al legislatore, il quale deve farsi carico di stabilire i confini di tali figure di reato, secondo precisi criteri di ermeneutica giuridica. Una volta individuata legislativamente tale fattispecie – osserva il Gip – sara’ allora compito dell’interprete capire se il comportamento del singolo individuo vada ricompreso nella figura dell’associato mafioso o meno”. Per il Gip il problema non e’ da poco. “Soprattutto perche’ – spiega – lascia all’interprete il compito di definire qualcosa che, allo stato, non e’ definibile”. Secondo il Giudice la mancata certezza nella definizione del concorso esterno, che in astratto al momento potrebbe portare a contestare con maggiore chiarezza giuridica l’appartenenza a un clan, “non consente di sostenere l’accusa davanti al Tribunale”, proprio per la “difficolta’ di ipotizzare il cosiddetto delitto di concorso esterno in associazione mafiosa”. “In ultima analisi – scrive ancora il Gip – i singoli elementi indiziari non sono idonei a supportare l’accusa nel successivo giudizio per idoneita’, carenza o contraddittorieta’ degli stessi”.

PROCURA La Procura di Catania non commenta ufficialmente le motivazioni del Gip Gaetana Bernabò Distefano sul non luogo a procedere disposto nei confronti dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo. In ambienti giudiziari si sottolinea che ci sono 15 giorni di tempo dalla notifica delle motivazioni per presentare ricorso in Cassazione, decisione verso la quale la Procura sarebbe orientata.

DIFESA “Al di là della formulazione dell’ accusa e dell’ipotesi di reato contestata, il Gip è entrato nel merito dei fatti e ha ritenuto che non consentano di sostenere l’accusa in giudizio, cioè di ritenere Mario Ciancio Sanfilippo soggetto legato a ambienti mafiosi”. Lo ha affermato l’avvocato Carmelo Peluso, legale dell’editore Ciancio.

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