Una lunga notte passata alla ricerca di una soluzione ai problemi dell’Europa. Fra tutti: l’emergenza immigrazione, la flessibilità e la Brexit. La sintesi su come è andata la prima parte dei lavori la dà Matteo Renzi. I leader dei 28 sono riusciti, dopo una lunghissima cena di lavoro durata circa 6 ore, ad approvare un testo di conclusioni sull’immigrazione, riservandosi però di discutere ancora della questione assieme al premier turco Ahmet Davutoglu (che ha dovuto ieri e oggi rinunciare al viaggio a Bruxelles in seguito all’attentato di Ankara). Se ne parlerà durante un vertice straordinario che sarà convocato i primi di marzo. L’Austria isolata? Sul tavolo dei leader, ad appesantire la situazione e ad allungare la discussione, la decisione dell’Austria di procedere unilateralmente a limitare il numero degli ingressi. “Gli assoli nazionali non sono auspicabili”, si è limitato a dire il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker senza citare esplicitamente Vienna, che invece ha confermato l’intenzione di andare avanti per la sua strada. L’annuncio austriaco di voler fissare dei limiti ai richiedenti asilo ha sollevato le perplessità della Commissione europea che ha risposto: si tratta di una politica “completamente incompatibile con gli obblighi dell’Austria secondo le norme europee e internazionali”. Al suo arrivo al Consiglio, il premier socialdemocratico Werner Faymann aveva invece ribadito che Vienna, fra i paesi più “ospitali” con moltissimi migranti e richiedenti asilo già accolti, non accetta di doverli accogliere tutti. Intanto Ungheria, Slovenia, Serbia e Macedonia sono pronte a seguire Vienna. Il provvedimento austriaco, entrato in vigore alle 08:00 di oggi, prevede che il Paese accoglierà non più di 80 richiedenti asilo al giorno, dopodiché “i confini verranno chiusi”. A partire da domenica, l’Ungheria chiuderà tre passaggi ferroviari di frontiera con la Croazia. La misura è limitata a 30 giorni e viene presa “nell’interesse della pubblica sicurezza”. Lungo i confini terrestri con la Croazia le autorità ungheresi hanno già innalzato barriere per impedire l’ingresso dei migranti. La Croazia, membro dell’Ue, non fa parte dello spazio Schengen.
Renzi contro il gruppo di Visegrad Il presidente del Consiglio italiano ha puntato il dito a sorpresa contro i paesi dell’Est Europa, ovvero il gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia), particolarmente refrattari a partecipare alla redistribuzione dei profughi. Al suo arrivo a Bruxelles, Renzi ha sottolineato che “l’Italia è sempre pronta a fare la sua parte”, chiedendosi se questo vale anche per l’Europa. Renzi ha ricordato ai colleghi dell’Est che la solidarietà fra paesi Ue “non può essere solo nel prendere: o siete solidali nel dare e nel prendere oppure noi paesi contributori smettiamo di essere solidali”, di fatto minacciando ripercussioni sui fondi comunitari di cui i paesi dell’Est sono beneficiari netti se non ci sarà una corrispettiva disponibilità ad accogliere migranti da paesi che, come l’Italia, sono invece contributori netti al bilancio Ue. Le perplessità del premier italiano sono state apprezzate dai Paesi fondatori, Germania e Francia in testa. E hanno ottenuto anche una sponda dalla martoriata Grecia, con il premier Alexis Tsipras, impegnato a spingere per una accelerazione sui ricollocamenti. Un gesto che rilancia una sintonia lungo l’asse Roma-Berlino: una svolta netta se pensiamo che solo a dicembre, l’ultimo Consiglio europeo era stato caratterizzato da un forte scontro tra il premier e la cancelliera Angela Merkel. Appena arrivato a Bruxelles, s’era subito capito che Renzi avrebbe tenuto il punto con l’Europa, ma anche che avrebbe evitato toni polemici. Dopo il vigoroso intervento di ieri al Senato e la polemica con Mario Monti, è tornato a incalzare tutti gli Stati membri a impegnarsi di più.
BREXIT ” Sulla questione del negoziato con il Regno Unito la riunione riprende oggi dopo una prima sessione ieri pomeriggio e il lavoro notturno sul testo di un possibile accordo degli esperti giuridici. Il premier britannico, David Cameron, ha chiesto agli altri 27 capi di Stato e di governo Ue di lavorare per un accordo “credibile per i cittadini britannici”. Lo ha riferito lo stesso primo ministro al termine della prima sessione dei lavori del Consiglio europeo, un paio d’ore dedicate alla riformulazione delle relazioni fra Ue e Regno Unito in vista del referendum sulla Brexit, una questione vitale per il futuro dell’Unione. Restano in sospeso alcuni punti “politici”, su cui Cameron si confronterà ancora stasera, dopo il termine della cena dedicata al tema dell’immigrazione, con Donald Tusk e Jean-Claude Juncker. Solo dopo che gli esperti giuridici avranno messo a punto i testi in modo che siano “giuridicamente vincolanti” pur senza toccare i trattati, sarà possibile una nuova discussione fra i 28 leader, riconvocati per le 11 di oggi con l’obiettivo di chiudere. Le questioni ancora in sospeso riguardano soprattutto le risposte alle richieste britanniche riguardo alla futura ulteriore integrazione Ue. Quanto alle sovranità nazionali, il principio dal quale non ci si deve scostare è la necessità “di continuare ad avere obiettivi comuni”. Il testo del possibile accordo ha “un altissimo valore politico” e per questo non ci sono molti margini di negoziato. Sulla semplificazione amministrativa della Ue, i 28 sono d’accordo e non ci saranno problemi a concordare un testo di accordo. Un altro tema spinoso: quello della possibilità di ricorrere a una “clausola di salvaguardia” provvisoria sospendendo i benefici del welfare agli immigrati dagli altri paesi Ue per un periodo determinato. Su questo, deve ancora essere deciso in che modo rendere questa possibilità esclusiva per il Regno Unito, senza che si crei un precedente a cui anche gli altri paesi potranno in futuro ricorrere e per quanto tempo può durare la sospensione. Red. Pol.