di Adib Fateh Ali
Mancano molti tasselli per un quadro preciso, ma dati concordanti che provengono dalla Libia lasciano ben pochi dubbi: i due cadaveri trovati a Sabratha dopo un raid – probabilmente contro un convoglio in fuga di jihadisti dello Stato islamico (Isis) – sono quelli di due dei quattro italiani rapiti lo scorso luglio a Mellitah. “Precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla (gli altri due sono Gino Pollicardo e Filippo Calcagno)”, come recita una nota della Farnesina che ha già informato i familiari. Una nota arrivata subito dopo la diffusione in rete delle foto di due cadaveri di vittime del raid con lineamenti occidentali, e per questo scambiati per “combattenti stranieri dell’Isis”. Askanews ha visionato questi scatti, oltre alle notizie e un video pubblicato da numerosi media libici: ecco i dettagli emersi finora.
IL RAID DELLE MILIZIE LIBICHE Sabratha, che si trova nella parte occidentale del Paese nordafricano, è da giorni teatro di scontri tra gli uomini del Califfato nero e milizie locali. A un’ora non precisata della serata di ieri, le forze di sicurezza libiche hanno condotto un raid contro i jihadisti. Le prime versioni, parlavano dell’assalto a “un covo”, poi dalle immagini pubblicate è diventato chiaro che è stato attaccato un convoglio dei jihadisti in fuga da Sabratha direzione Sud. A bordo di due auto, (una Toyota e un pickup Tundra) c’erano anche i due italiani. La sparatoria ha avuto luogo nei pressi della località di Jazira al Duran, sotto Surman, ovvero una quindicina di chilometri a Sud di Sabratha. Secondo il Sabratha Media Center, le forze libiche hanno “catturato e ucciso svariati jihadisti”. Le persone uccise sarebbero invece 14, tra queste i due italiani scambiati in un primo momento per “Foreign Fighters”, oltre a 4 tunisini, 2 algerini e 3 marocchini. Catturati invece un combattente siriano, dei tunisini, oltre a una donna tunisina. Mentre un portavoce del Consiglio militare di Sabratha ha fornito un bilancio di sette jihadisti uccisi e di tre sospetti fuggiti.
CONFESSIONE DELLA DONNA TUNISINA La donna di nazionalità tunisina – la moglie di uno dei jihadisti uccisi – era accompagnata da un figlio di tre anni, che è rimasto ferito nella sparatoria e poi è stato portato in ospedale a Sabratha. Una volta arrestata la donna avrebbe parlato di “quattro ostaggi italiani detenuti da lungo tempo dall’organizzazione, due dei quali sono rimasti uccisi nel raid” mentre non avrebbe notizie sugli altri due. Un evidente riferimento ai quattro dipendenti della società Bonatti rapiti il 25 luglio 2015. Del resto circolava da un po’ la voce che gli ostaggi fossero stati divisi dai sequestratori.
VIDEO CHE MOSTRA 14 CORPI Un video diffuso dai media libici mostra le vittime della sparatoria: una voce fuori campo conta i corpi senza vita di 14 persone. I cadaveri sono raccolti in una stanza e non più all’aperto vicino al luogo della sparatoria. Tra i corpi senza vita vengono mostrati anche quelli dei tecnici italiani. Un dettaglio che potrebbe indicare che le milizie libiche che hanno attaccato non sapevano che a bordo ci fossero anche ostaggi occidentali. In un’altra sequenza di foto si vedono le due auto in fiamme e molti cadaveri riversi a terra.
SABRATHA NEL MIRINO DI RAID USA Venerdì 19 febbraio gli Stati Uniti avevano compiuto un raid aereo contro un covo dell’Isis nei pressi di Sabratha. L’obbiettivo primario dell’attacco Usa: Noureddine Chouchane, tunisino ritenuto mente dei due attacchi terroristici al museo del Bardo a Tunisi e sulla spiaggia di Sousse. Dopo il bombardamento americano, che ha causato una cinquantina di morti e dopo la reazione violenta delle milizie locali alla presenza dell’Isis in città, i jihadisti avrebbero cercato di riparare in Tunisia. Di qui, forse, anche il trasferimento degli ostaggi.