L’unica certezza è che il prossimo otto giugno George Pell, controverso cardinale australiano a capo della potente Segreteria vaticana per l’economia, compirà 75 anni. Età propizia, ma non obbligatoria, per la pensione. Solo allora si capirà quali sono gli intendimenti di Papa Francesco: se mandare in pensione il porporato ‘rugbyman’, conservatore e poco diplomatico, critico anche nei confronti dello stesso Francesco, incappato nelle reprimende di una commissione australiana sulla pedofilia, o opterà invece per tenere al suo posto uno dei suoi più stretti collaboratori, da lui lontano per ideali e temperamento, ma anche garante di una riforma economica e finanziaria che gli ha procurato molti nemici, ma ha anche iniziato a dare frutti. All’avvicinarsi di quella data si moltiplicano, dentro e fuori il Vaticano, decisioni, contrasti, boatos, che danno la temperatura di quanto sia dura la battaglia attorno alle casse del Vaticano. E’ di queste ore, da ultimo, la notizia – mai confermata ufficialmente dalla sala stampa vaticana – che il Vaticano ha sospeso la revisione dei conti esterna che aveva affidato, a dicembre scorso, alla società di consulenza PriceWaterHouse Coopers (PwC). Il sito statunitense Crux ha scritto che il sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, ha notificato aagli uffici vaticani la sospensione con una lettera del 12 aprile. Il sito statunitense National Catholic Register ha definito la decisione una mossa contro il cardinale Pell. Vatican Insider ha scritto che il problema non sarebbe legato al lavoro di PwC, ma possibili anomalie nella procedura con cui si è arrivati al contratto e le mancate consultazioni richieste dagli statuti appena approvati dal Papa.
Di certo lo scorso cinque dicembre la sala stampa vaticana aveva reso noto che ‘il Consiglio per l’Economia’, organismo di indirizzo guidato dal cardinale tedesco Reinhard Marx, ‘continuando la messa in opera dei nuovi criteri e pratiche di management finanziario in linea con gli standard internazionali’, aveva conferito alla nota società internazionale di auditing come ‘revisore esterno del bilancio finanziario consolidato’ e PwC avrebbe operato ‘in stretto contatto con la segreteria per l’Economia’, ministero operativo delle finanze guidato dal card. Pell. Marx e, soprattutto, Pell, sono due cardinali della nuova leva bergogliana che hanno sostituito la vecchia guardia, prevalentemente italiana, rottamata dal Papa argentino dopo il conclave del 2013 seguito alle drammatiche dimissioni di Benedetto XVI. A fine mattinata, dopo una udienza di tabella alle 10 dal Papa, un portavoce del dicastero guidato da Pell ha riferito che il cardinale ‘prevede che, dopo discussioni e chiarimenti di alcune questioni, il lavoro di PwC riprenderà presto. Il lavoro dell’auditor interno che copre tutte le aree – aggiunge la nota in chiaro riferimento all’ufficio del Revisore contabile – non è stato interrotto’. Il revisore generale è Libero Milone, esperto italiano con ampia esperienza internazionale, scelto un anno fa con l’accordo di cardinali italiani e non italiani, ed è coadiuvato da altri due esperti italiani, entrambi laici, nominati di recente. Pell, ha riferito il portavoce, è rimasto ‘un po’ sorpreso per la lettera dell’arcivescovo’ Becciu.
Una sorpresa che si spiega con il fatto che tanto i nuovi statuti del Consiglio per l’economia, quanto le ‘financial management policies’ dell’ottobre 2014, prevedevano il ricordo, peraltro già consuetudine del passato, a un auditor esterno. Poco prima dell’affaire PriceWaterHouse Coopers, ieri, era spuntato, su un giornale italiano, un articolo secondo il quale il presidente dello Ior (Istituto per le opere di religione), il francese Jean-Baptiste de Franssu, uomo molto vicino a Pell, sarebbe in procinto di essere sostituito, con l’ennesimo cambio brusco degli ultimi anni, da un candidato italiano. Notizia che non trova riscontro in Vaticano. Ma di nuovo, italiani contro resto del mondo, di nuovo l’impero di Pell al centro della bufera. George Pell, in realtà, è un personaggio complesso. E` stato tra i grandi elettori di Jorge Mario Bergoglio al Conclave del 2013. Ha spiegato, in un evento ospitato a inizio pontificato dal North American College per presentare il sito di Crux, che i cardinali preopccupati degli scandali economici degli anni precedenti (che hanno visto peraltro quasi sempre cardinali italiani tra i protagonisti), tutti non italiani (il tedesco Joachim Meisner, gli americani Francis George e George Mahoney, lo spagnolo Antonio Maria Rouco Varela), sapevano che l`arcivescovo di Buenos Aires ‘avrebbe sostenuto’ una riforma delle strutture amministrative della Santa Sede. Francesco lo ha scelto tra i nove cardinali dei cinque continenti che lo coadiuvano nella riforma della Curia romana (tra gli altri ci sono il cardinale Marx e il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, diplomatico di lungo corso e uomo di mediazione). Gli ha affidato il super-dicastero economico.
Pell ha criticato senza mezzi termini la vecchia guardia, affermando che il Vaticano deve diventare ‘modello di management finanziario anziché occasionale causa di scandali’, e rivendicato lo spoils system a sfavore degli italiani, nei primi mesi del pontificato: Non siamo il Vicariato di Roma, ma la Chiesa universale’. Ha portato con sé a Roma Danny Casey, membro dell`Opus dei, business manager dell`arcidiocesi di Sidney, responsabile operativo della Giornata mondiale della gioventù (Gmg) del 2008. Ha introdotto standard di contabilità internazionali, ha messo paletti ai bilanci preventivi dei dicasteri vaticani, ha chiesto un adeguamento per uniformare la compilazione dei budget conclusivi. Nella potente posizione di prefetto dell`Economia si è fatto molti nemici. Come appare evidente, ad esempio, dalla fuga di documenti riservati confluiti nei due bestseller di Gianluigi Nuzzi, Via Crucis, e Emiliano Fittipaldi, Avarizia, usciti lo scorso autunno, che indicano proprio Pell come bersaglio di molti malumori vaticani (al processo un collaboratore vaticano, Nicola Maio, ha parlato di un ‘gruppo di contatto’ tra maggiorenti del Vaticano preoccupati che ‘la riforma di Francesco venisse boicottata’). Lo hanno accusato di spendere troppo, di avere accentrato troppo potere, gli hanno contestato i contratti di consulenza a dispendiose società straniere. Nel corso dei mesi, ben prima che scoppiasse il caso Vatileaks, Papa Francesco lo ha ridimensionato, depennando la sua idea di un Vatican Asset Management (Vam) che centralizzi sotto il suo controllo tutti gli investimenti, controbilanciando i suoi poteri tanto con quelli del cardinale Parolin (a lui, per esempio, il controllo sul comparto degli ospedali) quanto con quelli del cardinale Marx, frenando nuove assunzioni.
Collaboratore di Francesco, George Pell, conservatore sicuro, ha però criticato apertamente il Papa in due occasioni-chiave: l`enciclica ecologica Laudato si` (‘La Chiesa non ha il mandato del Signore di pronunciarsi su questioni scientifiche’, ha detto in un colloquio con il Financial Times dello scorso luglio), e il Sinodo sulla famiglia, a ottobre scorso, quando fu tra i capofila della fronda alle posizioni aperturiste del fronte bergogliano, firmando assieme ad atri cardinali una lettera che paventava il rischio di un`assemblea pilotata dai progressisti. A marzo, infine, Pell è stato interrogato a Roma dalla Royal commission, una commissione governativa australiana sugli abusi sessuali compiuti dai sacerdoti australiani negli anni passati. Il porporato non si è sottratto alle domande, ha incontrato un gruppo di vittime volate da Ballarat a Roma, si è difeso in modo a tratti poco convincente per il periodo in cui era sacerdote e vescovo ausiliare (difficile, secondo l’accusa, che potesse non sapere), ma non è emersa nessuna ‘pistola fumante’ per il periodo nel quale Pell era divenuto prima arcivescovo di Melbourne, poi di Sidney. Pell è ora in una posizione più debole. Ma rimane la pietra angolare di una riforma economica e finanziaria del Vaticano che promette di voltare definitivamente pagina rispetto a un’epoca in cui lo Ior era utilizzato per riciclare denaro sporco di torbidi giri finanziari italiani. Quanto all’otto giugno prossimo, quando George Pell compirà 75 anni, nel rescritto con il quale, il tre novembre del 2014, Papa Francesco fissò termini più stringenti per il pensionamento di vescovi e cardinali, si legge che ‘i Cardinali Capi Dicastero della Curia Romana e gli altri Cardinali che svolgono uffici di nomina pontificia sono ugualmente tenuti, al compimento del settantacinquesimo anno di età, a presentare la rinuncia al loro ufficio al Papa, il quale, ponderata ogni cosa, procederà’. E l’otto giugno, ponderata ogni cosa, Papa Francesco deciderà.