Ferme 5 milioni di pratiche sui condoni

EDILIZIA & BUROCRAZIA Comuni paralizzati a 30 anni dal varo della prima legge. Con il mancato incasso (quasi 22 miliardi di euro) si rilancerebbe l’economia di Laura Della Pasqua

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di Laura Della Pasqua

burocraziaNon c’è rimedio alla lentezza della burocrazia. A oltre trent’anni dalla prima legge sul condono edilizio, varata nientemeno che dal governo Craxi, sono rimaste depositate quasi 5,5 milioni di domande ancora da lavorare. Un danno enorme per le casse dello Stato. Il mancato incasso corrisponde quasi a una manovra economica: 21,7 miliardi di euro, pari a circa 1,4 punti di Pil. Il dato emerge dal Rapporto del Centro Studi Sogeea, illustrato in Senato. Le domande accatastate sono poco più di un terzo dei 15,4 milioni di istanze presentate dal 1985 al 2003, anno del terzo e ultimo condono edilizio in Italia sotto il governo Berlusconi. Circa il 70% risale a 30 anni fa, ovvero alla prima legge sul condono. Nel dossier sono raccolti i dati di tutti i capoluoghi di provincia, di tutti i Comuni con una popolazione superiore ai 20.000 abitanti, oltre a un campione rappresentativo del 10% di quelli con popolazione inferiore a tale cifra. Le istanze presentate si riferiscono alla legge 47 del 1985 (governo Craxi), alla legge 724 del 1994 (primo governo Berlusconi) e alla legge 326 del 2003 (governo Berlusconi). “Si può stimare che i mancati introiti per le casse del nostro Paese siano pari a 21,7 miliardi di euro – ha spiegato nella sua analisi Sandro Simoncini, direttore scientifico del Centro Studi e presidente di Sogeea – il dato si ottiene sommando quanto non incassato per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e segreteria, sanzioni da danno ambientale. Stiamo parlando di denaro equivalente a circa 1,4 punti del Pil, pari a due terzi della legge di Stabilità 2015 o ancora in linea con il Pil di una nazione come l’Estonia”.

Il dossier fa anche una graduatoria delle città dove la burocrazia è stata più lenta a smaltire le pratiche. In testa c’è Roma che conta 599.793 domande e precede Milano (138.550), Firenze (92.465), Venezia (89.000), Napoli (85.495), Torino (84.926), Bologna (62.393), Palermo (60.485), Genova (48.677) e Livorno (45.344). Sul fronte del numero delle istanze ancora da evadere, invece, Roma ne ha 213.185, vale a dire quasi quattro volte Palermo (55.459). Sul gradino più basso del podio troviamo Napoli (45.763), che si attesta davanti a Bologna (42.184). Più staccate Milano (25.384), Livorno (23.368), Arezzo (22.781), Pescara (20.984), Catania (20.249) e Fiumicino (20.055), unico Comune non capoluogo di provincia ad entrare nelle prime dieci posizioni.
Solo lo 0,9% dei Comuni del nostro Paese non ha avuto richieste di sanatoria in materia di abusi. Ferrara è la città più virtuosa nella gestione delle domande di condono edilizio: ha evaso tutte e 30.800 le istanze presentate dai suoi cittadini. L’Emilia-Romagna è molto efficiente visto che subito dopo troviamo altre due città di questa regione: Ravenna (seconda con 25.740 domande, tutte concluse) e Imola (quarta con le sue 7.344 istanze chiuse).

Quanto ai mancati introiti, si tratta di 10,3 miliardi di versamenti (cifra da ripartire a metà fra Stato e Comuni e a cui vanno aggiunti 160 milioni alle Regioni); 6,7 miliardi di oneri concessori; 1,5 miliardi di diritti di segreteria; 2,1 miliardi di diritti di istruttoria; 1,1 miliardi di risarcimenti per danno ambientale. Anche in questo caso, a livello di Comuni la graduatoria è nettamente capeggiata da Roma: la Capitale vanta circa 800 milioni di euro di mancate riscossioni. Ma non finisce qui. Si può ipotizzare che circa il 30% delle quasi 5 milioni e mezzo di domande ancora da istruire darebbe luogo a un adeguamento della rendita catastale dei relativi immobili. Per i Comuni ne conseguirebbe un consistente aumento degli introiti derivanti ad esempio dalla tassazione riguardante Imu e Tasi. Si innescherebbe un volano virtuoso anche per i professionisti: gli studi di ingegneri, architetti e geometri si troverebbero di fronte a una mole di lavoro quantificabile in altri 11 milardi di euro più Iva, con lo Stato che di conseguenza potrebbe contare su un ulteriore gettito di circa 2 miliardi. E ancora. Si può stimare che per circa 540.000 immobili che devono ricevere la concessione edilizia in sanatoria verrebbe presentata domanda per rientrare nel cosiddetto Piano Casa: ne conseguirebbero altri 1,3 miliardi di euro di oneri concessori e un ulteriore notevole indotto per i professionisti del settore.