Rogo Thyssen, Cassazione conferma condanne. “Giustizia è fatta”

IL VERDETTO DEFINITIVO Una Camera di consiglio di cinque ore. Piangono e si abbracciano anche le mamme, i fratelli e le sorelle dei sette operai morti tra le fiamme la notte di otto anni e mezzo fa 
di Giuseppe Novelli

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Dalle lacrime e le urla di questa mattina, dopo che il pg aveva chiesto l’annullamento con rinvio delle condanne per i sei imputati, alle lacrime e alle urla al cielo della sera. Dal terrore di una nuova doccia gelata, alla gioia liberatoria. Sono le otto di sera quando i familiari dei sette operai morti nel rogo della ThyssenKrupp a Torino la notte del 5 dicembre 2007 escono dal palazzo della Cassazione. Piangono, gridano, si abbracciano. Da pochi minuti, dopo una Camera di consiglio di quasi cinque ore, il collegio della quarta sezione penale della Suprema Corte ha confermato in via definitiva le condanne inflitte nel processo di appello bis dalla Corte di Assise di Appello di Torino 29 maggio 2015: nove anni e otto mesi per l’amministratore delegato di Thyssen Harald Espenhahn, sei anni e dieci mesi per i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz, sette anni e sei mesi per il membro del comitato esecutivo dell`azienda Daniele Moroni, otto anni e sei mesi all`ex direttore dello stabilimento Raffaele Salerno e infine sei anni e otto mesi per il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri. I quattro imputati italiani hanno già preso accordi per costituirsi in carcere tra venerdì sera e sabato mattina.

 

LA GIOIA

È la parola fine alla storia di un processo lungo e che ha visto ridursi ad ogni grado di giudizio le pene per gli imputati. Fino ad oggi quando, al termine della sua requisitoria, il sostituto procuratore generale Paola Filippi aveva chiesto di accogliere i ricorsi delle difese e dunque un nuovo rinvio in appello per la rimodulazione delle condanne inflitte nel processo bis di secondo grado agli imputati. Un processo di appello tris davanti a nuovi giudici, che avrebbe potuto condurre ad ulteriori sconti di pena. Per i familiari dei sette operai morti nel rogo, un fantasma intollerabile respinto tra grida e lacrime mentre le forze dell’ordine li allontanavano dall’aula. Il collegio della quarta sezione penale presieduto da Fausto Izzo ha respinto, confermando condanne che adesso passano in giudicato. È a quel punto che è esplosa la gioia e la commozione dei familiari giunti da Torino per assistere all’udienza. L’immagine simbolo è quella di Antonio Boccuzzi, unico superstite del rogo e diventato nel frattempo deputato del Pd, che appena uscito dall’aula si inginocchia e piange con il volto tra le mani. “Giustizia non ci sarà mai, perché il non ritorno dei miei sette amici la rende incompleta”, commenterà poi. “Oggi avevamo diritto ad una sentenza, abbiamo avuto paura di dover sostenere un altro processo, quella mia reazione è figlia anche di quella tensione”.

L’URLO 

E poi l’urlo di Nino Santino, papà di Bruno, che appena uscito dal ventre del Palazzaccio offre ai fotografi la maglietta con la scritta “Giustizia”, già mostrata con rabbia dopo la sentenza di appello bis che aveva ridotto le pene per tutti gli imputati. E rivolto al cielo grida “ragazzi, ce l’avete fatta”. Piangono e si abbracciano anche le mamme, i fratelli e le sorelle degli operai morti tra le fiamme in quella notte atroce di otto anni e mezzo fa. “Giustizia è fatta, un grazie ai magistrati di Torino”, esclama Laura Rodinò che nel rogo ha perso il fratello Rosario. Rivela di aver parlato poco prima della sentenza con l’ex pm Raffaele Guarinello, che ha condotto le indagini e ottenne in primo grado la clamorosa condanna a 16 anni per omicidio volontario con dolo eventuale per Espenhahn, poi ridotta nei successivi gradi. “Ora fa l’avvocato visto che è in pensione, gli ho chiesto qualche delucidazione dopo le richieste del pg e lui ha detto di restare sereni”, dice Laura. Poi urla: “Per me non è finita finché non li vedrò davvero in carcere”. “Ancora non ci crediamo, questa sentenza è stata una liberazione perché eravamo esauste”, dice Rosina De Masi, madre di Giuseppe. “Non siamo felici”, aggiunge, “felici non lo saremo mai perché la felicità sarebbero i nostri figli in vita”.

Marco-Pucci-ad-Thyssen-KruppLE DIMISSIONI 

Pucci (foto), uno dei 6 imputati per i quali oggi la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 6 anni e 8 mesi per le responsabilita’ nella tragedia nello stabilimento Thyssen di Torino, appena quattro mesi fa era stato nominato direttore generale dell’Ilva. Una nomina a firma dei tre commissari straordinari del gruppo siderurgico, Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba. Nel giro di poche ore, pero’, i sindacati erano insorti e Pucci – che all’epoca della tragedia Thyssen ricopriva un ruolo di primo piano in quella societa’ siderurgica degli acciai speciali – all’indomani delle prese di posizione aveva rinunciato all’incarico, con una lettera agli stessi commissari. Continuando poi comunque a svolgere fino a questa sera un altro compito dirigenziale di rilievo, direttore coordinamento delle societa’ controllate Ilva. Ma appresa oggi della condanna definitiva, Pucci, si e’ sospeso dalla funzione e dalla retribuzione.