La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha avvertito il governo italiano che dovrà difendersi dal ricorso di 182 cittadini di Taranto che lo accusano di aver mancato ai suoi doveri di proteggere l’ambiente in cui vivono e la loro salute, e di aver violato il loro diritto alla vita e alla vita privata, permettendo all’impianto siderurgico Ilva della città ionica di continuare a operare in questi anni. Sotto accusa ci sono in particolare i sette decreti cosiddetti “salva Ilva” che il governo ha adottato fra il 3 dicembre 2012 e il 4 luglio 2015, lasciando l’impianto in attività anche dopo i risultati del rapporto “Sentieri” (14 maggio 2014) dell’Istituto superiore di Sanità, che avevano constatato un aumento significativo delle patologie mortali e delle ospedalizzazioni nella città ionica, e nonostante il fatto che non fossero state rispettate le condizioni della prima Autorizzazione integrata ambientale (Aia) del 4 agosto 2011, poi modificata il 27 ottobre 2012 con nuove scadenze per l’attuazione delle misure anti inquinamento (che avrebbero dovuto essere già in funzione). Inoltre, i 182 cittadini reclamano di non avere a disposizione dei mezzi di ricorso efficaci a livello nazionale per chiedere che siano tutelati i propri diritti, che considerano violati dal governo.
L’avviso al governo, che indica l’inizio del procedimento, è stato comunicato a Roma il 27 aprile scorso, ma solo oggi è stato reso pubblico sul sito della Corte di Strasburgo. Si tratta di una “procedura di comunicazione”, prevista dall’articolo 45 del Regolamento della Corte, e non obbligatoria: viene attivata quando una camera di sette giudici decide che è opportuno avvertire il governo di uno Stato membro della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo di essere accusato di violazione della Convenzione stessa. In questo caso, in realtà, i ricorsi sono due, molto simili: il primo è stato introdotto da 52 cittadini di Taranto il 29 luglio 2013, e il secondo da altri 130 cittadini il 21 ottobre 2015. Per ragioni molto simili alle accuse dei ricorrenti (gravi problemi di inquinamento industriale e mancata protezione della salute umana), il governo italiano è anche oggetto di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Ue. La procedura, dopo un “parere motivato” pubblicato dalla Commissione il 16 ottobre 2014, è ormai prossima allo stadio finale, il ricorso alla Corte di Giustizia dell’Ue di Lussemburgo (da non confondere con la Corte europea dei Diritti di Strasburgo). L’Esecutivo comunitario ha aperto anche un’indagine approfondita per verificare se siano stati concessi all’Ilva aiuti di Stato incompatibili con il diritto Ue.