di Filippo Caleri
Anche la previdenza integrativa non salva gli attuali lavoratori da un futuro gramo. Quella che doveva il secondo pilastro previdenziale per aumentare il potere d’acquisto di chi si ritirerà dal lavoro tra qualche anno (quando la riforma Dini andrà a regime) in realtà non si sta rivelando la panacea per curare la riduzione degli assegni pensionistici. Se infatti la voglia di assicurarsi un futuro sereno motiva molti ad accendere una pensione complementare, e la Covip (l’Autorità di controllo sui fondi) ha segnalato che nel 2015 sono saliti gli iscritti alle forme di previdenza integrativa (arrivati ad oltre 7,2 milioni +12,1%), cresce anche il numero di chi smette di versare contributi: nel 2014 erano 1,6 milioni, lo scorso anno 1,8. Il sintomo che la catena di trasmissione tra lavoro e risparmio previdenziale si interrompe facilmente a causa della crisi e dell’incertezza della situazione lavorativa. è stato il presidente della Covip, Mario Padula, ad accendere il faro sulle “interruzioni contributive visto che quasi 1,8 milioni di iscritti non hanno effettuato versamenti”.
La Covip nella sua relazione annuale alla Camera, ieri, ha anche evidenziato che i fondi sono 469, suddivisi in “36 negoziali, 50 aperti, 78 Piani individuali pensionistici (Pip), 304 preesistenti e Fondinps”. Ma a vantare oltre 100.000 iscritti sono soltanto 12, mentre oltre la metà ha meno di mille adesioni. La previdenza complementare coinvolge “5,2 milioni di dipendenti privati, 1,9 milioni di autonomi e 174.000 impiegati nel pubblico”, mentre il patrimonio ha superato i 140 miliardi di euro (+7,1% rispetto al 2014), pari all’8,6% del Pil e al 3,4% delle attività finanziarie delle famiglie. Quanto ai rendimenti, quelli medi, al netto di costi di gestione e tasse, nel 2015 sono stati del 2,7% nei fondi negoziali, del 3% nei fondi aperti e del 3,2% per i Pip nuovi; il Tfr si è invece rivalutato, fisco a parte, dell’1,2%. Infine spazio anche alle assicurazioni sanitarie. Una settore “in costante crescita”. Vi operano oltre 500 enti, che gestiscono annualmente circa 4 miliardi di euro di risorse su 30 miliardi di spesa sanitaria privata, relativa a più di 6 milioni di iscritti e 10 milioni di assistiti. Risulta quindi “crescente l’esigenza di un intervento regolatore della materia, attualmente priva di un’adeguata disciplina” ha detto Padula che ha chiesto di attribuire a un’unica Autorità le funzioni di vigilanza sul Welfare integrativo.