Ballottaggi, tregua armata nel Pd. E minoranza diserta Imu day

Ballottaggi, tregua armata nel Pd. E minoranza diserta Imu day
17 giugno 2016

di Enzo Marino

orfini guarini serracchiani

Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani e Matteo Orfini

In attesa del ballottaggio di domenica, nel Pd si respira aria da “drole de guerre”, una fase di apparente stasi, di tregua armata, in attesa dello scontro. Tra il “No Imu day” e le polemiche sul caso D’Alema, infatti, maggioranza e sinistra Dem vivono da separati in casa, rimandando la resa dei conti. Che comunque dipenderà anche dall’andamento del voto. Ai banchetti organizzati per la “festa” della fine dell’Imu hanno preso parte gli esponenti della segreteria e lo stato maggiore renziano (tra gli altri, i vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani a Milano e Trieste, il responsabile economia Filippo Taddei a Bologna, il presidente Matteo Orfini a Roma, il tesoriere Francesco Bonifazi a Firenze, i capigruppo a Senato e Camera Luigi Zanda ed Ettore Rosato, rispettivamente a Roma e a Trieste), ma non si sono fatti vedere i rappresentanti della minoranza. Alcuni (Roberto Speranza, Federico Fornaro, Miguel Gotor,) hanno preferito concentrarsi sulla campagna elettorale.

Lo stesso Renzi, partito per il Forum economico di San Pietroburgo, è intervenuto sulla mobilitazione “Giù le tasse” solo tramite un post Facebook, in cui ha ribadito che “per la prima volta le tasse vanno giù. Le chiacchiere stanno a zero, qui non si parla di promesse ma di risultati verificabili. Dopo anni di parole vuote, viviamo nella stagione delle cose che finalmente si fanno”. Parole respinte dalle opposizioni che parlano di “imbroglio Day” (Renato Brunetta, Forza Italia), di “un baro che gioca alle tre carte” (Stefano Lucidi, M5S) e di “ennesima presa in giro” (Matteo Salvini, Lega). Su D’Alema, si sono volutamenti tenuti spenti i riflettori delle dichiarazioni ufficiali. L’ex premier ha ribadito che le indiscrezioni de “La Repubblica”, confermate ieri dallo stesso quotidiano, sono “una montatura contro di me, stanno cercando un capro espiatorio perché pensano che i risultati di domenica non saranno soddisfacenti come vorrebbero”. Parole dure, che però nessuno, in casa democratica, ufficialmente commenta.

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Solo Orfini si limita a ribadire che “ha smentito, il caso è chiuso”. Un silenzio “bipartisan”, forse dettato dalla necessità di evitare di farsi ulteriormente del male a vicenda. “Mi sembra un atteggiamento irresponsabile, in tutti i sensi – afferma un autorevole esponente della minoranza, lontano dalle telecamere -. Le campagne elettorali si dovrebbero fare per prendere i voti, non per perderli”. Ed è proprio la minoranza Dem che lancia un appello: “Dopo discuteremo di tutto, ma fino a domenica conta solo conquistare un voto in più. Chi cerca la polemica o chi la cavalca, fuori e dentro il Pd, piglia lucciole per lanterne”. Insomma, aspettiamo tre giorni, poi può iniziare la resa dei conti che presumibilmente avrà il suo culmine il 27 giugno, il giorno in cui è stata convocata la direzione del partito. Renzi ha promesso di usare il “lanciafiamme” per mettere mano alla struttura del Pd e nel mirino ci sarebbero già alcuni responsabili. Ma per capire quanto potenti saranno le fiamme, bisognerà attendere i risultati di domenica. Nel Pd, assicura una fonte,  scommettono, sondaggi alla mano, su un “3 a 1” nelle città importanti, con le vittorie a Milano, Torino e Bologna e la sconfitta a Roma. Ma conteranno i voti veri.

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