Operazione Usa in Libia contro l’Isis, l’Italia è pronta a valutare richieste

Operazione Usa in Libia contro l’Isis, l’Italia è pronta a valutare richieste
2 agosto 2016

militari aereiDopo i raid aerei lanciati ieri, gli Stati Uniti sono pronti a colpire ancora in Libia, su richiesta del governo di unità nazionale guidato da Fayed al Sarraj, per “negare ai jihadisti dello Stato islamico (Isis) un covo sicuro in Libia da cui potrebbero attaccare l’America e i suoi alleati”. Con queste parole, il portavoce del Pentagono Peter Cook ha annunciato ieri l’inizio delle operazioni aeree nel Paese del Nord Africa dove, se si escludono Iraq e Siria, la presenza dei jihadisti “è probabilmente la più sviluppata e la più pericolosa”, ha affermato di recente dal direttore della Cia, John Brennan, davanti al Congresso. Da parte sua, l’Italia ha espresso pieno sostegno all’intervento Usa, volto “a contribuire a ristabilire la pace e la sicurezza in Libia”, e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha dichiarato che il governo è pronto a “valutare” eventuali richieste di utilizzo di basi militari da parte di Washington. Il Pentagono ha sottolineato che “le forze fedeli al governo di unità nazionale sono riuscite finora a riconquistare il territorio attorno a Sirte e nuovi raid Usa continueranno a colpire l’Isis a Sirte per consentire al governo libico di avanzare in maniera decisiva”. Di fatto, i raid messi a segno hanno colpito alcuni veicoli dell’Isis e il centro congressi Ougadougou, da settimane nel mirino delle forze libiche, ma incapaci di avanzare a causa dei cecchini e degli ordigni piazzati dai jihadisti.

L’intervento americano è stato annunciato ieri dallo stesso premier libico Sarraj in una dichiarazione trasmessa in tv: “Il Consiglio presidenziale, in quanto Comandante supremo delle forze armate, ha deciso di richiedere il sostegno diretto degli Stati Uniti nel mettere a segno raid aerei mirati. I primi raid sono stati messi a segno oggi contro postazioni specifiche a Sirte e hanno inflitto pesanti perdite all’Isis”. Sarraj ha tenuto a sottolineare che gli attacchi “di precisione” degli Stati Uniti non porteranno a un intervento americano su vasta scala o a un intervento straniero nel Paese. Rassicurazioni arrivate dopo la morte di tre militari francesi nell’Est del Paese, che ha costretto Parigi ad ammettere la presenza in Libia di proprie forze speciali a sostegno del capo delle forze armate dell’Est della Libia, il generale Khalifa Haftar, che non ha ancora riconosciuto il governo di Sarraj.  “Le operazioni avvengono in un arco temporale definito e non andranno oltre Sirte e dintorni. Noi ribadiamo il nostro totale rifiuto a un intervento di qualsiasi Stato straniero. Ogni sostegno deve avvenire su diretta richiesta del governo di unità nazionale”, ha rimarcato Sarraj.

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Il portavoce del Pentagono ha precisato che i raid aerei sono stati autorizzati dal presidente Barack Obama, dopo la richiesta arrivata da Tripoli, a seguito di una raccomandazione del segretario della Difesa Ash Carter e del capo degli Stati maggiori congiunti, Joseph Dunford. I bombardamenti “sono in linea con la nostra strategia di combattere l’Isis collaborando con forze locali capaci e motivate”, ha aggiunto Cook. Le milizie fedeli a Sarraj hanno lanciato il 12 maggio scorso l’offensiva contro i jihadisti per riconquistare Sirte, situata 450 chilometri a Est di Tripoli e in mano all’Isis dal giugno del 2015. Da allora il bilancio delle perdite è stato di oltre 350 morti e più di 2.000 feriti. La giornata più sanguinosa è stata lo scorso 21 luglio scorso, quando le brigate Bunyan Marsus (Struttura Solida), composte soprattutto da combattenti della città di Misurata, hanno perso almeno 36 uomini. E ieri lo stesso Sarraj ha rivelato di aver chiesto l’assistenza americana su richiesta dei combattenti impegnati al fronte, e dopo essersi consultato con il ministro della Difesa Al-Mahdi al-Barghathi.

Come ricorda oggi Libya Channel, già la scorsa settimana era trapelata una lettera datata 25 luglio in cui i comandanti delle forze impegnate a Sirte avevano sollecitato il governo ad autorizzare raid Usa: “Vi chiediamo di prendere in considerazione il nostro bisogno di aiuto militare da parte degli Stati Uniti sotto forma di raid aerei contro obiettivi indicati da noi, nell’ambito della cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo”. Di fatto, stando a quanto riportato dal sito Usa MilitaryTimes, i raid di ieri rappresentano l’ultima fase di un’operazione in tre fasi messa a punto e gestita da Africom, il comando Usa per l’Africa: la prima, denominata Operation Odyssey Resolve, prevedeva voli di ricognizione e raccolta di informazioni di intelligence sulla regione; la seconda, chiamata Operation Junction Serpent, riguardava informazioni su possibili bersagli; la terza, la cosiddetta Operation Odyssey Lightning, prevedeva raid aerei contro i bersagli individuati.

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In vista dei prossimi raid americani, oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha precisato che il governo italiano “valuterà” eventuali richieste da parte americana sull’utilizzo di basi militari, tenendo “informato il parlamento”. Già lo scorso febbraio, il premier Matteo Renzi aveva annunciato il via libera alla partenza di droni armati americani dalla base di Sigonella, in Sicilia, ma solo a scopo difensivo, per proteggere l’azione delle forze speciali Usa. E già allora, il ministro Gentiloni precisò che le autorizzazioni ai droni americani in partenza da Sigonella verso la Libia verrebbero concesse caso per caso. Una cautela dettata oggi come allora non solo per una possibile esposizione a ‘vendette jihadiste’, ma anche a fronte della complessità dello scenario libico. Gentiloni ha infatti auspicato che l’intervento Usa possa essere “risolutivo”, non solo per l’eliminazione della minaccia terroristica di fronte alle nostre coste, ma anche perchè garantirebbe maggiore potere di manovra al governo di Sarraj, entrato in funzione solo a marzo e alle prese con un Paese ancora diviso tra Est e Ovest, dove sono attive numerose milizie legate alle diverse tribù, e dove agiscono i trafficanti di esseri umani che fanno partire migliaia di migranti alla volta dell’Europa.

Da mesi il governo italiano è impegnato al fianco del governo di Sarraj per favorire la stabilizzazione del Paese, lavorando “fuori dalla luce dei riflettori” perché si raggiunga una “intesa che consenta il riconoscimento dell’autorità di Sarraj e permetta di riunire forze diverse attorno alla sua leadership”, aveva detto Gentiloni lo scorso giugno in parlamento. E una volta lanciata l’offensiva a Sirte, l’Italia ha garantito, rispondendo anche in questo caso a una richiesta del governo di Tripoli, l’accoglienza dei feriti e sostegno sanitario. Ma non mancherà anche un maggior impegno militare, come ha confermato il ministro della Difesa Roberta Pinotti al vicepremier libico Fathi Al-Majbiiri il 15 luglio scorso: durante l’incontro avvenuto a Roma è stata infatti confermata la disponibilità a garantire l`addestramento, l’assistenza e la formazione delle Forze armate libiche, anche se nell’ambito delle iniziative di sostegno alla Libia, come quella già approvata dall’Ue e ratificata dall’Onu, per l’addestramento della Guardia costiera e della Marina militare libica nell’ambito dell’operazione Ue Sophia, e nella quale l`Italia svolgerà un ruolo di primo piano, come sottolineato nella nota diffusa dalla Difesa.

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