Obama all’ultimo G20, Cina alla prova. Focus su clima e evasione fiscale

Obama all’ultimo G20, Cina alla prova. Focus su clima e evasione fiscale
3 settembre 2016

cinaSpingere la crescita rendendola più inclusiva per evitare derive populiste. Impegnarsi di più sul clima con Stati Uniti e Cina apparentemente pronti a ratificare l’accordo di Parigi siglato lo scorso dicembre sotto l’egida delle Nazioni Unite (da Pechino è già arrivato l’annuncio ufficiale in tal senso). Rifiutare svalutazioni delle monete per sfruttare vantaggi competitivi. Continuare a lottare contro l’evasione fiscale, tema che chiama direttamente in causa la stangata Ue su Apple in Irlanda. Gestire al meglio la Brexit. Saranno questi alcuni degli obiettivi su cui i leader delle 20 principali economie al mondo torneranno a confrontarsi nelle loro riunioni del 4 al 5 settembre a Hangzhou, in Cina. Crescita Questa riunione ha una duplice valenza: sarà l’ultima con il presidente americano Barack Obama e la prima ad essere ospitata dalla seconda economia al mondo. In quella che è una delle sette antiche capitali della Cina, Capi di Stato eministri delle Finanze cercheranno ispirazione così come per secoli hanno fatto poeti e pittori. Affacciandosi sulla baia che bagna quella città con 9 milioni di abitanti, dovranno scoprire l’arte di rilanciare una crescita globale che resta anemica e che potrebbe frenare. Non a caso il Fondo monetario internazionale ha avvertito: le stime di espansione potrebbero essere tagliate a ottobre quando a Washington si terranno gli Annual Meetings dell’istituto. E non a caso Jack Lew, il segretario al Tesoro americano, in vista del G20 ha detto che ‘il sostegno alla crescita dell’economia globale può e deve essere più forte’. Riconoscendo che la risposta ai timori legati alla globalizzazione ‘non può essere la chiusura in sé stessi’ Washington – che è il principale finanziatore dell’Fmi – continua a credere che ci siano ancora molte nazioni con uno spazio di manovra sufficiente per adottare politiche fiscali, strutturali e macroeconomiche a favore dell’espansione.

Chiedendo ai colleghi di fare di più perché gli Usa non possono funzionare da motore per tutti, Obama metterà pressione anche su un altro fronte: impegnarsi a ridurre le emissioni di gas serra. Le economie del G20 producono l’80% di quelle globali e Usa e Cina sono in testa. Da sole le due nazioni rappresentano il 40% del totale. Oggi il presidente Usa parteciperà a un evento sul clima alla West Lake State House di Hangzhou. Non resta che vedere se confermerà indiscrezioni secondo cui lui e il presidente ospitante Xi Jinping (con il quale si vedrà nello stesso giorno di sera e poi a cena) sono pronti a impegnarsi formalmente a limitare l’innalzamento della temperatura a 1,5-2 gradi Celsius rispetto all`era preindustriale, a rivedere gli obiettivi fissati a Parigi ogni cinque anni e mettere a punto meccanismi di rimborsi per i Paesi più vulnerabili. Pechino ha già fatto il passo atteso, con la Xinhua che ha annunciato la ratifica. In primavera l’accordo internazionale fu sottoscritto all’Onu da 175 Paesi; mai prima di allora un accordo Onu è stato firmato da così tanti in un solo giorno. Svalutazioni anti-competitive Gli Usa considerano l’assestamento della politica valutaria cinese un successo diplomatico ma Washington è consapevole dei timori di molti economisti per una futura svalutazione dello yuan a fronte di un’economia locale in rallentamento. Quella del 10 agosto 2015, giunta totalmente a sorpresa, riaccese i timori di una guerra delle valute e fece crollare i mercati globali. Nel novembre dello stesso anno l’Fmi promosse Pechino introducendo lo yuan nel suo basket di valute di riserva insieme a dollaro, euro, yen e sterlina.

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maySi è trattato di un voto di fiducia verso Pechino, che ha promesso di permettere alle forze del mercato di avere nel tempo un ruolo maggiore sul tasso di cambio. ‘Questo non fu un risultato da niente considerando le obiezioni della Cina di non tanto tempo fa a una politica simile’, aveva detto Lew in vista del G20 aggiungendo: ‘Continueremo a chiedere alla Cina e ad altri di rispettare tali impegni’. Evasione fiscale Se al G20 di Washington dello scorso aprile a tenere banco erano stati i Panama Papers – 11,5 milioni di documenti legati allo studio legale panamese Mossack Fonseca, che gettarono luce su società offshore legate a 143 tra politici e personalità pubbliche nel mondo – questa volta si tornerà a parlare di evasione ma con in mente Apple. Il produttore dell’iPhone è stato colpito il 30 agosto dalla Ue, che ha giudicato illegali gli accordi fiscali siglati con l’Irlanda e che chiede imposte arretrate per la cifra record di 13 milioni di euro. Obama sottolineerà, come già fatto dal Tesoro Usa, che l’approccio deve essere coordinato e non fatto di azioni unilatarali. Nemmeno la Casa Bianca, tuttavia, si aspetta passi avanti al G20 su questo fronte. Il post Brexit Per il premier britannico Theresa May (foto) il G20 rappresenta il suo primo summit internazionale, un test personale con cui dimostrate ai leader mondiali che il Regno Unito resta aperto al business anche se lascerà l’Ue come deciso al referendum del 23 giugno. Come lo farà, garantendo una transizione ordinata, resta da vedere. Di certo lei e Obama ne parleranno domani per poi rilasciare dichiarazioni alla stampa.

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Il presidente Usa era volato dall’ex premier David Cameron per scoraggiare gli elettori dal votare a favore della Brexit. Il pivot di Obama in Asia L’ultimo G20 del presidente Usa lo vedrà impegnato a rassicurare l’impegno americano verso l’Asia. Là c’è preoccupazione per il futuro della Trans-Pacific Partnership, l’accordo di libero scambio tra Usa e 11 nazioni che si affacciano sul Pacifico (la Cina non ne fa parte) e che un Congresso americano a maggioranza repubblicana deve ratificare ma che non sembra avere intenzione di farlo. Come dare tore torto a chi teme visto che entrambi i candidati alle elezioni presidenziali di novembre sono contrari a un’intesa che per Obama è al centro del suo ‘pivot’ asiatico. Probabilmente Obama ribadirà il suo impegno a chiudere i negoziati entro il 2016 di un altro accordo commerciale a lui caro, la Transatlantic Trade and Investment Partnership. Sarà interessante vedere i botta e risposta alla luce del pessimismo espresso sia dalla Francia sia dalla Germania. Cina alla prova Pechino a sua volta sarà impegnata a mostrate che Hangzhou è il volto di una nuova Cina fatta di colossi Internet come Alibaba, fondata proprio nella città da Jack Ma, e da centri manifatturieri rappresentati per esempio dalla multinazionale automobilistica Geely, che controlla la svedese Volvo. Nella capitale della provincia di Zhejiang, la crescita del Pil nella prima metà dell’anno è stata del 10,2% contro un dato nazionale inferiore a un +7%. Forse la Cina vuole dimostrare che la sua transizione verso un’economia basata più sui consumi interni e meno sulle esportazioni è fattibile ordinatamente.

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Ma Obama e Xi discuteranno anche di diritti umani, di cybersicurezza e del Mar Cinese Meridionale, una delle rotte più trafficate del trasporto marittimo mondiale dove Pechino ha costruito a passo spedito una catena di isole artificiali in quelle che Washington considera acque internazionali e che invece la Cina reputa di sua pertinenza. Medio Oriente Obama userà il G20 anche per lavorare su questioni di politica estera. E’ previsto un suo incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan domani. Il fallito tentativo di colpo di stato ad Ankara del 15 luglio sarà in testa all’agenda. Il leader turco premerà per l’estradizione dell’imam Fetullah Gulen che Erdogan accusa del fallito golpe. Un tempo stretto alleato del leader turco e ora il suo nemico numero uno, il 77enne vive in un auto-esilio in Pennsylvania dal 1999. Gulen ha negato ogni coinvolgimento nel colpo di stato e anzi ha rigirato l’accusa al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di Erdogan. Obama ripeterà come detto dal suo vice Joe Biden in visita in Turchia il 24 agosto, che ‘nessun presidente ha l’autorità di estradare qualcuno; solo un tribunale americano lo può fare’ e che il processo continua. Un incontro dovrebbe esserci anche tra Obama e il presidente russo Vladimir Putin. In quel caso si parlerà di Siria e di Ucraina ma nessun meeting formale è stato fissato.

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