Alan Pauls, una letteratura sensibile che nasce dalla menzogna

Alan Pauls, una letteratura sensibile che nasce dalla menzogna
10 settembre 2016

Lo guardi e pensi che sappia di più di quello che poi effettivamente dice, pensi che dietro il bell’aspetto e la parlata pacata si nasconda una consapevolezza più grande di ciò che è e ciò che comporta la letteratura. Alan Pauls, scrittore argentino classe 1959, è intervenuto a Festivaletteratura di Mantova e ci ha raccontato il punto di origine della sua voce di scrittore. “Io credo di avere cominciato a scrivere – ha detto Pauls – per in qualche modo legalizzare la mia compulsione a dire bugie. Da bambino ero molto bugiardo e a un certo punto mi sono reso conto che una buona menzogna richiede sempre almeno due elementi, non si può mentire bene solo una volta, per lo meno devi farlo anche una seconda volta per sostenere la prima bugia. Allora mi sono reso conto che continuando su questa strada si arrivava vicino a scrivere letteratura”.

Un percorso che fa venire in mente l’approdo alla “verità romanzesca” di René Girard e che nel caso di Pauls, che è anche critico letterario, si trasforma in libri molto singolari e individuali – come per esempio il magnifico “Storia dei capelli” – che sono però in grado di trasmettere sensazioni universali. “Quando scrivo – ha aggiunto Pauls – continuo ad avere una forte sensazione di potere. Un potere che sta chiuso entro i limiti del linguaggio o di ciascun libro che scrivo. A me importa molto questa dimensione sensibile della letteratura, che non è una dimensione che esclude le idee, ma è una dimensione nella quale le idee si trasformano in sensazioni, impressioni, che mi possono avvicinare a lettori anche lontani e che non conosco”.

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Un contatto che si stabilisce anche grazie alla lingua di Alan Pauls, che è sempre in primo piano nel suo lavoro, ma pure attraverso il ragionamento sulla figura stessa dello scrittore, sia esso il grande Jorge Luis Borges – cui ha dedicato il saggio, pubblicato in Italia da Sur, “Il Fattore Borges” – ma sia anche se stesso. “Io credo – ha concluso l’autore – che gli scrittori costruiscano il loro personaggio facendo un compromesso tra quello che inevitabilmente sono, quello che desidererebbero essere e il modo in cui amano presentarsi agli altri e ciò che il pubblico si aspetta da loro. C’è una zona grigia nella quale gli scrittori inventano se stessi come personaggi”. Siamo partiti dalle bugie e ora ci troviamo in un punto di forte e lucida auto consapevolezza. In mezzo tra i due punti, così lontani, ma forse anche così vicini, scorre un fiume chiamato Alan Pauls, solo apparentemente tranquillo, grazie al cielo.

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