di Giuseppe Novelli
Tre lavoratori, due italiani e un canadese, che lavorano per conto di una società italiana di manutenzione dell’aeroporto di Ghat (foto),sono stati rapiti questa mattina da sconosciuti armati. Il rapimento dei due cittadini italiani nel sud della Libia viene confermato dalla Farnesina. Intanto, si vivono ore di angoscia per la sorte dei due italiani: a Borgo San Dalmazzo, il Comune cuneese di cui è originario Bruno Cacace (foto, sx), 68 anni, e a Sedico, nel Bellunese, dove è nato Danilo Calonego (foto), 68 anni, si attendono con trepidazione notizie da Ghat, nel sud del paese africano, dove sono stati sequestrati. Entrambi lavorano per la Con.I.Cos., una multinazionale con numerose commesse di ingegneria civile fondata nel ’77 a Mondovì (Cuneo) e che da decenni opera in Libia. La notizia si è diffusa subito a Mondovì. “Abbiamo cercato di metterci in contatto con i responsabili dell’azienda, ma finora non abbiamo trovato nessuno, né a Mondovì né in Libia”, dice il sindaco Stefano Viglione. “Abbiamo contattato la Farnesina – prosegue il primo cittadino monregalese – e ci hanno spiegato che la situazione è delicata ed è opportuno usare la massima discrezione”. C’è preoccupazione anche a Borgo San Dalmazzo, il comune della Valle Stura dove vivono l’anziana mamma e il fratello gemello di Cacace. “E’ un brutto colpo per la nostra comunità. Conosco personalmente Bruno e anche se vive in Libia da 15 anni è una persona molto nota nel nostro paese”, afferma all’Ansa il sindaco Giampaolo Beretta. “Ho parlato con la famiglia – aggiunge il primo cittadino – che in questo momento chiede però di essere lasciata tranquilla. Sono molto delicate”.
Cacace è sposato e separato e ha due figlie che vivono in Francia, una a Saint Tropez e l’altra a Parigi. Torna un paio di volte all’anno in paese. Squilla a vuoto il telefono di Giorgio Vinai, cofondatore della Con.I.Cos. e memoria storica dei costruttori italiani impegnati nel Nord Africa: “Tornerò presto in Libia a tutelare i miei interessi”, aveva detto nei mesi scorsi l’imprenditore cuneese, in occasione del rapimento dei tecnici della Bonatti. “E’ ipocrisia cercare di tenere lontani gli italiani dalle proprie imprese in Libia”, sottolineava ancora Vinai, alle prese con i cantieri e le commesse della Con.I.Cos. da rispettare e con gli ingenti crediti accumulati negli anni nei confronti della Libia. Ora questa nuova pagina nella storia della sua azienda, probabilmente la più difficile per Vinai. Torniamo alla cronaca. La zona dove è avvenuto il rapimento è un’oasi desertica della provincia di Fezzan nel sud del Paese controllata dal governo d’Accordo nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite, come ha detto Qawmani Mohammed Saleh, sindaco della cittadina di Ghat citato da un’agenzia turca. “Stiamo effettuando ogni sforzo per conoscere il gruppo dei sequestratori e il luogo dove sono tenuti i rapiti”, ha concluso il sindaco.
Fonti qualificate hanno riferito ad askanews che i tre lavoratori della società piemontese sono stati prelevati da un commando armato, appena fuori della città. I rapitori si sarebbero fermati sul ciglio di una strada, davanti a un fuoristrada, attirando l’attenzione dei due italiani e del canadese. Non appena fermati, li hanno costretti con la forza a salire sull’auto, fuggendo verso un luogo sconosciuto. La stampa libica ha rilanciato la notizia precisando che al momento non è arrivata alcuna rivendicazione del rapimento, così come restano sconosciuti l’identità del gruppo e il luogo della detenzione. In ogni caso, l’area in cui i tre ostaggi sono stati prelevati è una zona contesa da tribù locali che, solo di recente, hanno raggiunto un fragile accordo di tregua. Si tratta inoltre di una regione in cui – secondo fonti di intelligence internazionali – sarebbe crescente l’influenza dei jihadisti dell’Isis e di Boko Haram, il movimento islamico che opera in Nigeria. Alla Farnesina in queste ore delicate si sta lavorando con il massimo riserbo. Finora nessuna rivendicazione del rapimento che non è stato confermato ufficialmente da nessuno. Sara’ la procura di Roma ad indagare. A piazzale Clodio si attende una prima informativa dei carabinieri del Ros per ricostruire la vicenda.