“Il quesito cosi’ formulato finisce per tradursi in una sorta di “spot pubblicitario”, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo cosi’ plateale”. Cosi’ gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l’incostituzionalita’ dell’Italicum), motivano il ricorso al Tar contro la scheda per il referendum costituzionale del 4 dicembre. I due legali lo fanno nella loro qualita’ di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana De Petris (Sinistra Italiana-SEL), anche nella loro qualita’ di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, col patrocinio dell’avv. Luciano Vasques del Foro di Roma.
I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale “non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione “degli articoli” revisionati e di cio’ che essi “concernono””. Il quesito referendario “predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben piu’ importanti di quelli citati (come la nuove modalita’ di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalita’ della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria”.
Per i Cinquestelle, “il testo del referendum e’ una truffa, una propaganda ingannevole, l’ennesima trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani. Per questo anche il M5S ha presentato ricorso al TAR del Lazio contro il testo del quesito in quanto scritto in violazione della legge”. Per Vito Crimi, senatore del Movimento 5 Stelle membro della Commissione Affari Costituzionali, “il testo del quesito, infatti, contrariamente a quanto previsto dall’art. 16 della Legge n. 352 del 1970 non specifica l’indicazione degli articoli oggetto di revisione e di cio’ che essi concernono e risulta, pertanto, palesemente ingannevole per i cittadini”. Quindi “vista dunque, la delicatezza della materia oggetto del referendum, ovvero la nostra Costituzione ed i nostri diritti fondamentali, e’ necessario modificare il testo inserito sulla scheda di votazione che e’ totalmente fuorviante dalla realta’ e rappresenta per i cittadini una vera e propria truffa” spiega il portavoce dei cittadini al Senato. “Su questo il Presidente della Repubblica non puo’ tacere Il quesito parla di altro. Imbroglia i cittadini perche’ non dice cosa cambiera’ realmente” spiega Crimi. “Il testo – continua – non indica che, con la vittoria del SI, l’elezione dei senatori verra’ effettuata ad opera dei segretari dei partiti anziche’ dei cittadini”.
E ancora: “Il testo non dice che sara’ concessa l’immunita’ a consiglieri regionali e sindaci. Il testo non dice che sindaci e consiglieri regionali faranno un doppio lavoro e verranno a Roma a spese dei cittadini. Il testo non dice che saranno mantenuti tutti i costi fissi del senato. Il testo non dice che ci sara’ un accentramento delle competenze regionali, e che cio’ vale solo per le 15 regioni ordinarie, escludendo le regioni a statuto speciale. Il testo non dice che sara’ triplicato da 50mila a 150mila il numero delle firme necessarie per presentare leggi di iniziativa popolare” spiega l’esponente pentastellato. “Il testo non dice che il futuro Senato, fatto da consiglieri regionali e sindaci, avra’ l’ultima parola sulle questioni europee, su materie delicate come trattati internazionali e sulla permanenza o meno nell’UE. Il testo non dice che la riforma dara’ vita ad una serie infinita di conflitti tra Camera e Senato che rallenteranno di fatto l’attivita’ legislativa” conclude Crimi che auspica che “il TAR del Lazio accolga la nostra richiesta e che i cittadini italiani possano essere messi nelle condizioni di esprimersi su un quesito che rispecchi fedelmente il vero contenuto di questa riforma, ben lontano di quello che il Governo sta tentando di raccontare”.