La questione è il petrolio: per la Russia non è di secondaria importanza. Ma la questione è anche quella delle parole di Vladimir Putin, che non hanno avuto bisogno di essere ribadite prima d’ora. E comunque il Cremlino non vede alcuna contraddizione tra la posizione del presidente russo Putin e le successive dichiarazioni del capo della major Rosneft Igor Sechin. Ma già il fatto che sia necessario precisare per l’addetto stampa presidenziale Dmitry Peskov, la dice lunga su quanto sia rovente la materia. Sul piatto c’è molto più che i prezzi del greggio e l’ipotesi di un congelamento dell’output in accordo con l’Opec. Qualcuno vede un fraintendimento, qualcun altro una lotta di potere infervorata. Lunedì Putin, intervenendo al World Energy Congress a Istanbul, aveva detto che la Russia è pronta ad unirsi alle misure Opec per limitare la produzione di petrolio: è l’unica cosa giusta da fare nella situazione attuale. Il congelamento o addirittura il declino della produzione. Ma evidentemente non tutti la pensano allo stesso modo, se il capo della Rosneft Igor Sechin affida le proprie dichiarazioni a un media non proprio allineato con Mosca, la Reuters. Le agenzie russe la riprendono, riferendo che Sechin avrebbe commentato sull’input putiniano a limitare la produzione, con tre parole: “Per quale ragione?”. Peskov abilissimo e tempestivo comunicatore, replica in mattinata: “Le parole di Sechin sono state date senza un adeguato contesto. La sua risposta è stata molto più lunga e dettagliata. Non vi è alcuna contraddizione”.
E in effetti, la posizione ufficiale è stata espressa dal presidente Putin. Il tutto mentre si avvicendano strane, incontrollate e non verificate voci su una possibile “promozione” di Sechin al governo. Ossia un suo eventuale e da verificare addio al principale produttore di petrolio del Paese, pronto peraltro ad acquistare anche il 50,07% delle azioni della società petrolifera Bashneft, cioè la quota di proprietà dello Stato che Mosca ha deciso di privatizzare. Rosneft, il colosso, è un centro di potere indubbio e crescente e di riflesso pure Sechin, contro il quale ultimamente si è scagliato anche l’oppositore del Cremlino Aleksey Navalny in uno dei suoi video postati su Youtube. Al di là delle denunce pesantissime di Navalny, la scelta proprio di quell’obiettivo dimostra la rilevanza del personaggio. E quindi anche un minimo sussurro da Sechin, peraltro affidato a un media straniero, e stridente con le parole del leader russo, fa pensare. Soprattutto in un periodo di vorticosi giri di poltrone e proprio mentre il primo gruppo petrolifero privato russo, Lukoil si dice pronta ad aderire al congelamento della produzione di petrolio in presenza di direttive governative, come affermato dal vicepresidente Lukoil Leonid Fedun. “Se la direttiva del governo è questa, ci uniamo. Sono sicuro che tutti si uniranno”, ha auspicato. La partita è significativa. Da una parte c’è Putin che ha guadagnato ampio peso internazionale, che ha ripreso la scena mondiale con la discesa in campo in Siria e che ora intende affermare il ruolo russo come un interlocutore affidabile sul mercato del greggio, e con il congelamento della produzione di petrolio rilanciare la moneta nazionale: un punto d’onore rispetto al proprio elettorato. Dall’altra Sechin, sempre più un’incognita in un posto di grande potere? O davvero le parole di Sechin sono state fraintese? C’è di fatto che la Rosneft (compagnia controllata dal governo) si è affrettata a sottolineare di sostenere pienamente gli sforzi della Federazione Russa sul mercato del petrolio.
Secondo l’addetto stampa Mikhail Leontiev “la situazione è completamente distorta. Non c’è contraddizione tra la posizione della società e la posizione del presidente, e non può esserci”, ha tagliato corto Leontiev. Però aggiunge poi: “Sosteniamo gli sforzi per raggiungere un accordo (tra Paesi Opec e non) del governo (russo) e del presidente, che con la sua dichiarazione ha sollevato notevolmente le quotazioni del petrolio” e “il giornalista ha estrapolato” le parole di Sechin. Ma tra le righe si legge pure che “la posizione della società è sempre stata un cauto scetticismo circa la capacità dell’OPEC e del gruppo ancora più ampio di produttori, di negoziare, alla luce di un brusco cambiamento della situazione di mercato e in vista di gravi contraddizioni tra le parti”. Nel frattempo pure Gazprom Neft si butta nella mischia e dichiara attraverso il numero due di Gazprom, Alexander Medvedev, che la società sostiene il congelamento di petrolio, ma non la sua riduzione. Infine la replica è di Aleksandr Novak, il ministro dell’Energia russo: la Russia ha voluto unirsi nel tentativo di “riequilibrare” il mercato del petrolio. “Abbiamo discusso la situazione con le nostre aziende”, ha dichiarato. “E lo ripeto ancora una volta: le nostre aziende si dicono pronte a partecipare ad azioni comuni sul mercato del petrolio”, ha detto oggi al Congresso Mondiale dell’Energia di Istanbul. E per la prima volta, quanto dichiarato dal leader del Cremlino ieri, ha bisogno di essere ribadito oggi.