Un film sul senso di colpa, “La ragazza senza nome” dei Dardenne

Un film sul senso di colpa, “La ragazza senza nome” dei Dardenne
26 ottobre 2016

Un film sull’assunzione delle responsabilità, sul senso di colpa, un messaggio a non restare indifferenti. Dal 27 ottobre arriva al cinema “La ragazza senza nome” il film già presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, registi vincitori di due Palme d’oro con “Rosetta” e “L’Enfant”. E’ la storia della giovane medico Jenny, l’attrice francese Adèle Haenel, che una sera, quando il suo studio è chiuso, sente suonare alla sua porta ma decide di non aprire. Il giorno dopo scopre di non aver riposto alla richiesta d’aiuto di una ragazza trovata morta poco dopo, senza documenti. Scoprire la sua indentità, darle un nome e una degna sepoltura, diventa la sua ossessione, e inizia un’indagine scrupolosa per fare in modo che rimanga una traccia di quella povera donna.

I due registi belgi hanno rimontato il film rispetto alla versione presentata a Cannes, tagliando 7 minuti: “La critica a Cannes si è divisa sul film, e abbiamo ascoltato anche i consigli di amici: ci hanno detto che c’era un un problema di equilibrio, e anche noi non eravamo così convinti. Allora dopo il festival ci siamo resi conto che c’era troppa cronaca e non c’era sufficiente armonia tra la professione medica di Jenny e l’indagine. Non abbiamo ritoccato l’ordine delle scene, ma accorciato alcune sequenze, in modo da entrare di più nella mente del personaggio e nella sua personalità”. Come nei loro ultimi film, ancora una volta una donna protagonista. “Non ci siamo ispirati a un personaggio reale, ma non abbiamo mai immaginato Jenny come un medico uomo, abbiamo subito pensato a una donna, come negli ultimi film. È difficile capire il perché, probabilmente perché siamo due uomini e amiamo lavorare con le attrici,
ma è anche vero che le donne secondo noi hanno più il polso della società in cui viviamo”. Un film essenziale come il loro cinema, ancora ambientato nelle periferie, giocato sui vuoti e sui silenzi, per dare ancora di più il senso dell’ossessione di Jenny per la sua indagine e il suo voler condividere il senso di colpa con gli altri. “Con questo film e con il ritmo particolare che abbiamo usato volevamo far vedere che Jenny sceglie di condividere il suo senso di colpa con gli altri, affiché vengano indotti a parlare e a darle le informazioni che le servono per dare un nome alla ragazza. Vuole ridarle dignità umana, identità, per lasciare almeno una traccia del suo passaggio sulla Terra. Questo è quello che a noi interessa fare con il nostro cinema”.

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