La tradizione orientale rielaborata attraverso una vita passata a Milano per creare sculture che sappiano anche raccontare il vuoto. La galleria Lorenzelli Arte presenta la mostra “Kengiro Azuma – Infinito MU”, concepita inizialmente come una festa per i sessant’anni di permanenza nel capoluogo lombardo dell’artista giapponese, ma poi, dopo la recente morte di Azuma (foto), diventata un omaggio alla sua intera carriera da parte del gallerista, e soprattutto dell’amico, Matteo Lorenzelli. “La mostra – ci ha detto – è stata concepita insieme a Kengiro e al figlio Anri cercando di fare una sorta di iter della sua vita: abbiamo scelto insieme le sculture che potessero rappresentare al meglio la sua produzione e la sua permanenza a Milano”.
In mostra a Milano molte sculture, ma anche dipinti, che raccontano di un percorso di tenace coerenza da parte dell’artista giapponese, oltre che da una sua costante attenzione alla cultura Zen. “Tutte le sculture di Azuma, o almeno una gran parte – ha aggiunto Lorenzelli – si intitolano Mu, che vuol dire vuoto, infinito. Nella cultura orientale il vuoto infinito è assolutamente positivo, perché come diceva Azuma non esiste niente se non esiste il suo opposto”. Il gioco degli opposti – in questo caso leggerezza e pesantezza, luce e ombra, interno ed esterno – si manifesta in pieno nell’installazione “La Luce”. “Questa è una installazione – ha concluso il gallerista, che è stata fatta per la prima volta a Teglio qualche anno fa, perché è stata presentata in uno spazio aperto, un convento e nella parte interna si rifletteva il cielo negli specchi. Con Kengiro avevamo pensato di ripresentarla per la prima volta in uno spazio chiuso. Quindi abbiamo riportato, rimontato e rifatto questa scultura che, praticamente, è una sorta di suo testamento spirituale”. Un testamento che passa anche dalle 60 piccole Gocce di bronzo che sono state create da Lorenzelli per assegnare a ciascuna di esse la data di un anno tra il 1957 e il 2016, a simboleggiare, attraverso la forma cruciale – a livello estetico e filosofico – del lavoro di Kengiro Azuma – la goccia appunto – il suo costante desiderio di rappresentare i sentimenti e, per estensione, modellare una scultura che potesse essere specchio dell’anima.