Sono più di 550mila le aziende guidate dagli immigrati registrate in Italia alla fine del 2015, il 9,1% del totale, e producono 96 miliardi di euro di valore aggiunto, il 6,7% della ricchezza complessiva. Non solo: le aziende degli immigrati, nel corso della crisi, sono aumentate, in controtendenza con il dato generale. E dunque gli immigrati hanno dimostrato, e continuano a dimostrare, una maggiore capacità di “resilienza”. I dati arrivano dal “Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016”, giunto alla terza edizione e presentato oggi, presente il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba. In 8 casi su 10 – dicono ancora i numeri – si tratta di ditte individuali, il 79,9% contro il 50,9% delle imprese guidate da nati in Italia. Le imprese a gestione immigrata, quindi, rappresentano quasi un settimo di tutte le ditte individuali del Paese (13,6%) e meno di un ventesimo delle società di capitale (4,1%). Il commercio, in continuo aumento, rappresenta il principale ambito di attività (200mila aziende, 36,4% vs il 24,5% delle imprese a guida autoctona); segue, seppure fortemente provata dalla crisi, l’edilizia (129mila, 23,4% vs 13,1%).
Notevole è anche il comparto manifatturiero (oltre 43mila aziende, 9%), caratterizzato come l’edilizia da una forte dimensione artigiana. Sono artigiane, infatti, oltre 4 imprese edili immigrate su 5 (83,2%) e oltre 2 su 3 di quelle manifatturiere (68,4%). Proprio nell’edilizia e nella manifattura, infatti, si concentrano i tre quarti (76,0%) delle aziende immigrate artigiane (180mila in tutto). Ma cresce soprattutto la partecipazione nei servizi: alla già consolidata presenza immigrata tra imbianchini e carpentieri o nel trasporto merci e nella confezione di abbigliamento, si affianca una crescente partecipazione alle aziende (per lo più individuali) che nella sartoria, nel giardinaggio, nelle pulizie, come pure nella panetteria o nella ristorazione take away. Più in generale, si affermano le attività di alloggio e ristorazione (41mila, 7,5%) e i servizi alle imprese (29mila, 5,3%).
Ciascun gruppo nazionale si concentra in peculiari comparti di attività: il commercio nel caso di marocchini, bangladesi e soprattutto senegalesi; l’edilizia per i romeni (64,4%) e gli albanesi (74,0%); il commercio (39,9%), la manifattura (34,9%) e le attività di alloggio e ristorazione (12,9%) nel caso dei cinesi. “Ogni volta che una piccola impresa nasce è una piccole fonte che comincia a produrre energia, lavoro e reddito. Questo vale anche per gli immigrati che diventano imprenditori in Italia”, ha commentato oggi Maria Fermanelli, vicepresidente Cna. Ugo Melchionda, presidente Centro Studi e Ricerche Idos, ha osservato come “dall’inizio del 2008, l’Italia non è riuscita a crescere o lo ha fatto in una misura così ridotta da non riuscire a recuperare i posti di lavoro persi. Questo problematico scenario porta ad apprezzare maggiormente il dinamismo espresso dagli imprenditori nati all’estero”. MoneyGram ha invece promosso il MoneyGram Award che mira a segnalare le realizzazioni eccellenti dell’imprenditoria immigrata, coinvolgendo nella giuria anche la Cna e Idos.